lunedì, dicembre 28, 2009

L'Approdo



Felice l’uomo che ha raggiunto il porto,
Che lascia dietro di sè mari e tempeste,
I cui sogni sono morti o mai nati,
E siede a bere all’osteria di Brema,
Presso al camino, ed ha buona pace.
Felice l’uomo come una fiamma spenta,
Felice l’uomo come sabbia d’estuario,
Che ha deposto il carico e si è tersa la fronte,
E riposa al margine del cammino.
Non teme né spera né aspetta,
Ma guarda fisso il sole che tramonta.

10 settembre 1964

(Primo Levi, da "AD ORA INCERTA")

giovedì, dicembre 24, 2009

"..i calci e i pugni subito, spesso sul viso.."



da “I sommersi e i salvati”
«Il sistema concentrazionario aveva lo scopo primario di spezzare la capacità di resistenza degli avversari. Su questo punto le SS avevano le idee chiare, e sotto questo aspetto è da interpretare tutto il sinistro rituale, diverso da Lager a Lager, ma unico nella sostanza, che accompagnava l'ingresso; i calci e i pugni subito, spesso sul viso; l'orgia di ordini urlati con collera vera o simulata; la denudazione totale; la rasatura dei capelli; la vestizione con stracci»

da “La tregua”
«Sentivamo che nulla mai più sarebbe potuto avvenire di cosi buono e puro da cancellare il nostro passato, e che i segni dell’offesa sarebbero rimasti in noi per sempre, e nei ricordi di chi vi ha assistito, e nei luoghi ove avvenne, e nei racconti che ne avremmo fatti. Poiché, ed è questo il tremendo privilegio della nostra generazione e del mio popolo, nessuno mai ha potuto meglio di noi cogliere la natura insanabile dell’offesa, che dilaga come un contagio. È stolto pensare che la giustizia umana la estingua. Essa è una inesauribile fonte di male: spezza il corpo e l’anima dei sommersi, li spegne e li rende abietti; risale come infamia sugli oppressori, si perpetua come odio nei superstiti, e pullula in mille modi, contro la stessa volontà di tutti, come sete di vendetta, come cedimento morale, come negazione, come stanchezza, come rinuncia»

martedì, dicembre 22, 2009

Alzarsi (Primo Levi)



Sognavamo nelle notti feroci
Sogni densi e violenti
Sognati con anima e corpo:
tornare; mangiare; raccontare.
Finché suonava breve sommesso
Il comando dell’alba;
«Wstawać»;
E si spezzava in petto il cuore.
Ora abbiamo ritrovato la casa,
il nostro ventre è sazio.
Abbiamo finito di raccontare.
È tempo. Presto udremo ancora
Il comando straniero:
«Wstawać».

11 gennaio 1946

(da AD ORA INCERTA ma è anche l'epigrafe che apra LA TREGUA)

lunedì, dicembre 21, 2009

Discorsi di Capo Giuseppe dei Nez Perces



I primi uomini bianchi
I primi uomini bianchi del vostro popolo che arrivarono nella nostra terra si chiamavano Lewis e Clark. Portarono molte cose che la nostra gente non aveva mai visto. Parlavano chiaro e la nostra gente li festeggiò per dimostrare che i loro cuori erano amichevoli. Essi offrirono doni ai nostri capi e la nostra gente offrì loro doni. Noi avevamo moltissimi cavalli e cedemmo loro quelli di cui avevano bisogno, ed essi ci diedero in cambio fucili e tabacco. Tutti i Nez Percés fecero amicizia con Lewis e Clark e acconsentirono a lasciarli passare per la loro terra e non fare mai la guerra all'uomo bianco. Questa promessa i Nez Percés non l'hanno mai infranta.

Per un po' di tempo abbiamo vissuto tranquillamente
Ma non poteva durare. Gli uomini bianchi trovarono l'oro nelle montagne della regione dell'Acqua Serpeggiante. Ci rubarono numerosi cavalli e noi non potevamo far niente per riaverli perché eravamo indiani. Gli uomini bianchi dicevano bugie. Portarono via molto del nostro bestiame. Alcuni uomini bianchi marchiarono il nostro bestiame così che noi non potevamo più reclamarlo indietro. Non avevamo amici per perorare la nostra causa di fronte ai tribunali. Mi sembra che alcuni uomini bianchi nel Wallowa facessero queste cose apposta per provocare una guerra. Sapevano che non eravamo abbastanza forti per combatterli. Io mi sono sforzato molto per evitare problemi e spargimento di sangue. Abbiamo ceduto una parte della nostra terra agli uomini bianchi, pensando così di poter avere la pace. Ci sbagliavamo. Gli uomini bianchi non potevano lasciarci tranquilli. Avremmo potuto vendicarci molte volte dei torti subiti, ma non lo facemmo. Ogni volta che il governo ci ha chiesto aiuto contro altri indiani, non abbiamo mai rifiutato. Quando gli uomini bianchi erano pochi e noi eravamo forti avremmo potuto ucciderli, ma i Nez Percés vogliono vivere in pace.
In base al trattato che altre bande di Nez Percés avevano sottoscritto, l'uomo bianco pretendeva di avere la mia terra. Avevamo problemi con tutti quegli uomini bianchi che premevano lungo i confini. Alcuni erano uomini buoni, e noi vivevamo in pace con loro, ma non tutti erano buoni.
Quasi tutti gli anni veniva l'agente da Lapwai e ci ordinava di ritirarci nella riserva. Abbiamo sempre risposto che stavamo bene nel Wallowa. Stavamo attenti a rifiutare tutti i regali e i compensi che ci offriva. In tutti questi anni, da quando l'uomo bianco arrivò nel Wallowa, siamo stati minacciati e imbrogliati da loro e dal trattato dei Nez Percés.
Non ci concedevano tregua. Avevamo alcuni amici fra gli uomini bianchi ed essi ci hanno sempre consigliato di sopportare i soprusi senza combattere. I nostri giovani sono irruenti per carattere e io ho dovuto penare molto per trattenerli dal compiere azioni affrettate.
Ho portato sulle spalle un grande peso da quando ero solo un ragazzo. Ho imparato che noi eravamo pochi, mentre gli uomini bianchi erano molti, e che non potevamo tenerci quello che era nostro se c’erano loro. Noi eravamo come cervi. Essi erano come orsi grizzly. Noi avevamo una piccola terra. La loro terra era grande. Noi eravamo contenti che le cose rimanessero come sono, come le aveva disposte il Grande Capo Spirito. Essi non volevano così, essi avrebbero cambiato le montagne e i fiumi se non si adattavano alle loro esigenze.

mercoledì, dicembre 16, 2009

Shemà (Primo Levi)



Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.


(da AD ORA INCERTA ma è anche l'epigrafe che apre SE QUESTO E' UN UOMO)

venerdì, dicembre 11, 2009

Sciamanesimo e Druidismo



(da da www.ontanomagico.altervista.org, a cura di Cattia Salto)

Lo sciamanesimo originariamente legato alle culture di cacciatori-raccoglitori si è diffuso quasi ovunque nel mondo e con caratteristiche comuni.
Lo sciamanesimo ha radici molto antiche, come suggeriscono interpretazioni di alcuni graffiti rupestri ritrovate in territorio scandinavo e siberiano.

Lo Sciamanesimo è l’espressione di un modo di vivere e di sentire la natura, diffuso nelle società animiste nelle quali si pensa che i destini degli esseri umani siano decisi da spiriti ultraterreni e ogni elemento del mondo fisico sia animato da un principio vitale, governato da uno spirito regnante.
Gli strumenti classici dello sciamano consistono nel tamburo, maschere, strumenti musicali, cintura di sonagli, statue raffiguranti l’effige degli spiriti verso cui trasmigrare.
Il tamburo in special modo è uno strumento potente, e talvolta la sua membrana viene decorata e dipinta con immagini antropomorfe o zoomorfe, simboli sacri, elementi cosmogonici e della natura come sole, terra, montagne, fiumi.

Lo sciamano è anche il depositario dei saperi di quei popoli oltre che il guaritore. Possiede una conoscenza profonda delle tradizioni, dei miti della comunità. Conosce le canzoni e i metodi di concentrazione. È la persona che maggiormente riesce a vivere in spiritualità con il mondo naturale circostante, conoscendo le regole di equilibrio e armonia. I suoi saperi spaziano dalla mitologia alla medicina.

La caratteristica principale dello sciamano è quella di “viaggiare” in condizioni di estasi nel mondo degli spiriti e di utilizzarne i poteri per il singolo o per l’intera comunità. Le tecniche per far questo sono essenzialmente il sonno estatico (trance mistica) e la trasformazione in animale del proprio spirito (animali psicopompi, trasformazione zoomorfica).

Nella trance si presentano due categorie di segni: i sintomi, cioè l’espressione bruta e non elaborata di un cambiamento, percepito al livello puramente sensibile (tremare, svenire, provare terrore, essere preda di convulsioni, avere lo sguardo fisso, essere paralizzato negli arti, provare insensibilità al dolore, avere tic, disturbi termici, ecc.). Si è perduta ogni forma di coscienza riflessiva, ed in genere non si ha ricordo alcuno dell’esperienza. I comportamenti invece, non sono semplici reazioni, ma atti carichi di valore simbolico, espressione comunque di una cultura e di una società. Si compiono azioni sorprendenti, che denotano sempre un superamento di limiti e barriere, come camminare sulle braci senza provare dolore, trafiggersi il corpo o maneggiare armi ed animali pericolosi. C’è chi piega oggetti e compie gesti acrobatici impossibili nello stato normale, chi guarisce le malattie o vede il futuro, chi incarna una divinità o entra in contatto con i morti. Nella trance si viaggia nel paese degli dei, si parlano lingue sconosciute, o infine, si balla per ore intere o si canta per giorni e notti senza interruzioni. La trance cioè, si presenta sempre come un’esaltazione del proprio io, un intensificarsi di una disposizione fisica e mentale, esprimendosi quasi sempre con un superamento di certi limiti umani (Rouget, 1986).

L’antico Druido incarnava per molti versi il ruolo dello sciamano in funzioni ed attività che l’antropologia culturale moderna ha ampiamente documentato presso varie popolazioni; spesso viene sollevata l’obiezione che presso i druidi il percorso iniziatico facesse parte di un apprendimento codificato in studi che potevano durare per un decennio e che fossero riservati a una classe funzionale; nulla di ciò toglie alle “doti innate” presenti per taluni nello sciamano a prescindere dalla sua iniziazione, e ancor meno alla “benedizione degli Spiriti” che altri attribuiscono alla forte presenza di potere psichico donato.

mercoledì, dicembre 09, 2009

ArcheoDanza



da da www.ontanomagico.altervista.org

di Gabriella Artioli e Alessandro Cirillo


LE DANZE RITUALI DEL MONDO ANTICO

Durante le festività celtiche riti e danze avevano lo scopo di permettere agli esseri della Terra di entrare in contatto con le forze del Cielo.
In occasione di queste feste si ballavano soprattutto danze di “cerchio” e di “fila” che sono tra le più antiche e si ritrovano ancora oggi nei costumi di molte popolazioni europee (ad esempio la danza del palo della cuccagna o la danza macabra).


SAMMHAIN

(conosciuta nelle nostre tradizioni con il nome di Festa delle Lumere) era la festa più solenne dell’anno celtico: oltre ai riti di passaggio nell’anno nuovo, si ballava saltando abbracciati in fila o cerchio, si facevano grandi bevute e si credeva che ai festeggiamenti partecipassero anche gli Antenati. Infatti, i defunti, per la legge dei contrari, apportano la vita rappresentata simbolicamente da dolci tipici e doni, come ancora si tramanda in molte delle nostre regioni.


DANZA DEL LABIRINTO

Tutte le danze di gruppo possono definirsi labirinti, hanno un inizio (entrata), un percorso fatto di molteplici figure più volte ripetute e spesso non hanno una via di uscita se non quella di finire le danza in un momento preciso al termine della musica.
Questo simbolo rappresenta un vero e proprio mistero: compare infatti in luoghi (e con una ampissima diffusione) e tempi diversissimi tra di loro. Il suo significato è un enigma. Alcuni studiosi ritengono che si tratti di un "percorso rituale", confinandolo così nel campo religioso-mistico.

giovedì, dicembre 03, 2009

Il Giorno dell'Orso



da www.ontanomagico.altervista.org

L’orso è un animale con una sua precisa valenza simbolica nell’ambito della cultura celtica.
Magnifica la statuetta bronzea ritrovata nei pressi di Berna e raffigurante la dea Artio. La donna nutre l’orso con la frutta raccolta in un cesto posto accanto a lei, l’orso invece sembra uscire dal bosco (tratteggiato in un albero dallo stile molto moderno), a sottolineare la sua appartenenza al mondo selvaggio della Natura. L’iscrizione non lascia dubbi sul nome della Dea - "Deae Artioni” ossia Alla Dea Artio.
La radice del nome è associata al nome celtico dell’orso, arth, art, artos, era la dea della caccia, dell'abbondanza, degli animali e delle piante, legata ai boschi e alla natura; l’equivalente di Artemide nel Pantheon greco, ma Artemide era anche dea della Luna (la Luna Fanciulla), un ulteriore riferimento all’Orso lunare.

ORSO LUNARE
In genere è presente nel periodo di carnevale, tra l’1 e il 2 di febbraio, quando secondo le credenze popolari l’orso esce dalla tana e, osservando la posizione della luna (plenilunio o novilunio), percepisce se la primavera è in arrivo o meno.
Molte sono le figure e i riti collegate a questo rituale (maschera dell’orso, culto di Sant’Orso e figura dell’uomo selvatico).
In sostanza si tratta di un personaggio mitologico che appartiene all’inizio dell’annata agraria. In genere l’orso è accompagnato da un cacciatore o una figura di domatore, che lo accompagna e lo custodisce portandolo in giro per le vie del paese. La diffusione di questo culto è testimoniata sia nelle pianure che nelle montagne piemontesi, fino a raggiungere le zone della Valle d’Aosta (soprattutto per il culto di Sant’Orso e la maschera dell’Orso).”- da Ricerca Atlas Ires Piemonte.

Secondo la tradizione dell'Europa medioevale alpina nella notte tra il primo e il due di febbraio l'Orso, si risveglia dal suo letargo invernale ed osserva il cielo. Se lo trova "chiaro" (plenilunio) rientra nel suo giaciglio, perché l'invernata durerà ancora quaranta giorni. Se invece il cielo è "scuro" (novilunio), allora l'Orso uscirà dal suo riparo ad annunciare l'inizio della primavera.

In VALLE D’AOSTA vige la tradizione che attribuisce all’orso capacità divinatorie poiché il primo febbraio, festa di Sant’Orso, se il tempo è bello, l’animale metterà ad essiccare la paglia e il fieno che gli serviranno da giaciglio, nella certezza che l’inverno durerà ancora quaranta giorni. Un’altra versione ci dice che se il giorno di Sant’Orso vedrà un bel sole, l’Orso si sveglierà ma si girerà immediatamente dall’altra parte, cambiando fianco, per riaddormentarsi perché l’inverno durerà ancora a lungo; in caso di pioggia nella medesima giornata della Festa, si potrà dire che la primavera non tarderà ad arrivare.

Nelle leggende dei santi capita spesso, che un bravo orso bruno metta a disposizione la sua forza o si accompagni al santo, come un mansueto cagnolino. Tra le leggende dell’arco Alpino, si cita quella di San Romedio. Si narra di Romedio che, volendo recarsi a Trento per un ultimo saluto al suo vescovo Vigilio, chiese ad un suo discepolo di sellargli il cavallo. Questi però tornò indietro terrorizzato raccontando di aver visto un orso che stava sbranando il cavallo. Il vecchio eremita non si spaventò e gli disse tranquillamente di mettere le briglie all’orso. Il discepolo, che di Romedio si fidava ciecamente, tornò indietro e con la dovuta titubanza, avvicinò le briglie all'animale. Questo abbassò la testa e si fece sellare. Il Santo poté così raggiungere Trento cavalcando l'orso. Ricordando questa leggenda nel 1958 il senatore conte Gian Giacomo Gallarati Scotti, membro d'onore del comitato di fondazione del WWF in Italia, comprò un orso chiamato Charlie destinato a morire perché la sua pelle fosse venduta, e lo donò al santuario di San Romedio. Da allora gli Orsi sono di casa nel santuario! (santuario di san Romedio in Val di Non nelle vicinanze di Sanzeno - Trento)

Un tempo si credeva che radere un orso alla fine di gennaio e nei primi di febbraio, avesse la valenza di rinvigorimento dei peli e per trasposizione, la stessa cosa valesse per le piante potate in quel periodo.

Le società di un tempo, compenetrate con la natura, consideravano sacri gli spiriti di alcuni animali, e l’orso è uno di essi, ancora considerato sacro dai popoli artici e subartici.

lunedì, novembre 30, 2009

Le più belle poesie si scrivono sopra le pietre



Le più belle poesie
si scrivono sopra le pietre
coi ginocchi piagati
e le menti aguzzate dal mistero.
Le più belle poesie si scrivono
davanti a un altare vuoto,
accerchiati da argenti
della divina follia.
Così, pazzo criminale qual sei
tu detti versi all’umanità,
i versi della riscossa
e le bibliche profezie
e sei fratello a Giona.
Ma nella Terra Promessa
dove germinano i pomi d’oro
e l’albero della conoscenza
Dio non è mai disceso né ti ha mai maledetto.
Ma tu sì, maledici
ora per ora il tuo canto
perché sei sceso nel limbo,
dove aspiri l’assenzio
di una sopravvivenza negata.

Alda Merini, da "La Terra Santa" 1983

lunedì, novembre 23, 2009

L' Arcivescovo diventa Druido




Articolo tratto da La Repubblica del 06.08.2002, pag.17, sezione POLITICA ESTERA

LONDRA - In attesa della nomina ufficiale a capo della Chiesa Anglicana, Rowan Williams, vescovo di origine gallese, può vantarsi del titolo onorario di "druido" del Gorsedd of the Bards. Una scelta seguita da una pioggia di polemiche dei più conservatori che non gradiscono i riti dal sapore pagano. La stampa inglese ha criticato la decisione di Williams suscitando a sua volta l' ira dei gallesi, sorpresi che il più importante festival culturale di Eisteddfod venisse confuso con una sorta di rito pagano. I gallesi hanno interpretato le reazioni inglesi come l' ennesima manifestazione della superiorità culturale dell' Inghilterra sul Galles. Williams infatti ha ricevuto questa carica proprio per aver onorato le sue origini con studi approfonditi sui poeti e sugli scrittori gallesi. Ma la decisione di accettare la nomina a druido è stata subito etichettata come "anomala", soprattutto dai vescovi che già lo ritenevano poco adatto a rappresentare la Chiesa Anglicana. In ogni caso, ieri il futuro capo della Chiesa d' Inghilterra di origine gallese, si è immerso in un mondo fatto di preghiere dell' era precristiana e fortemente influenzato dalla tradizione celtica. Si è recato a Saint David, nella zona ovest del Galles, e ha partecipato alla cerimonia ufficiale d' investitura di membro del Gorsedd of the Bards, società letteraria fondata nel 1792. In mezzo ad un cerchio di sassi e ad altri adepti vestiti e incappucciati di bianco, si è tolto la veste clericale per indossare corona, spada e costume da druido. Incurante di quello che avrebbero pensato gli oltre 70 milioni di fedeli anglicani che a ottobre si vedranno rappresentare da lui.

mercoledì, novembre 18, 2009

Pensiero,io non ho più parole.



...

Pensiero,io non ho più parole.
Ma cosa sei tu in sostanza?
qualcosa che lacrima a volte,
e a volte dà luce.
Pensiero,dove hai le radici?
Nella mia anima folle
o nel mio grembo distrutto?
Sei così ardito vorace,
consumi ogni distanza;
dimmi che io mi ritorca
come ha già fatto Orfeo
guardando la sua Euridice,
e così possa perderti
nell'antro della follia.

Alda Merini, da "La terra santa"

Saggezze


Lungo il cammino delle vostra vita fate in modo di non privare gli altri della felicità. Evitate di dare dispiaceri ai vostri simili ma, al contrario, vedete di procurare loro gioia ogni volta che potete!
Sioux

Quando al mattino ti svegli, ringrazia il tuo Dio per la luce dell'aurora, per la vita che ti ha dato e per la forza che ritrovi nel tuo corpo. Ringrazia il tuo Dio anche per il cibo che ti dà e per la gioia della vita. Se non trovi un motivo per elevare una preghiera di ringraziamento, allora vuol dire che sei in errore.
Tecumseh, Shawnee


Non perseguitare mai un tuo simile, a causa
della sua religione. Rispetta invece ciò in cui gli
altri credono, se vuoi che loro, in cambio, rispettino te.
Tecumseh

Dare la dignità all'uomo è all'origine di tutte le cose
Proverbio nativo

Ogni alba è un simbolo sacro. Sì, perché sacra è ogni giornata,
quando nostro Padre Wakan-Tanka ci manda la luce.
Alce Nero

La rana non s’ingozza mai di tutta l’acqua dello stagno in cui vive.
Proverbio Sioux Teton

Pace non è solo il contrario di guerra, non è solo lo spazio temporale tra due guerre....
Pace è di più. E' la legge della vita. E' quando noi agiamo in modo giusto e quando
tra ogni singolo essere regna la giustizia.
Detto irochese


Nessuno ha diritto di vendere, anche ad un'altra tribù e men che meno...agli stranieri! Vendere un Paese! Perchè non vendere l'aria, le nuvole, e il grande oceano con tutte le sue terre! Non è forse vero che il Grande Spirito li ha creati per i suoi figli?
Tecumseh, Shawnee

La donna é sacra. Noi rispettiamo le madri, le sorelle, le mogli, le figlie, le nipoti. Sono le donne che ci danno la vita, che ci nutrono e che ci insegnano a camminare e a parlare. Gli uomini sono i loro occhi, le loro orecchie, la loro bocca.
Birgil Kills Straight

Per noi i guerrieri non sono quello che voi intendete. Il guerriero non é chi combatte, perché nessuno ha il diritto di prendersi la vita di un altro. Il guerriero per noi é chi sacrifica se stesso per il bene degli altri. E' suo compito occuparsi degli anziani, degli indifesi, di chi non può provvedere a se stesso e soprattutto dei bambini, il futuro dell'umanità.
Toro Seduto

Tutti gli uomini sono stati creati dallo stesso Grande Spirito. Essi sono tutti fratelli.
Capo Giuseppe

mercoledì, novembre 11, 2009

La Danza degli Spettri




Dopo l’uccisione di Cavallo Pazzo e il ritorno forzato di Toro Seduto con la sua tribù nella riserva di Standing Rock, la civiltà bianca e religiosa ora li costringeva ad una grande trasformazione del loro stile di vita, da grandi cacciatori e grandi guerrieri a essere solo dei poveri contadini. Questi uomini, la grande Nazione non esisteva più, non aveva più nulla, solo miseria e fame.

La civiltà dei bianchi, oltre ad aver sconfitto il popolo rosso, era riuscita a mettere indiano contro indiano attraverso trattati mai rispettati e a gelosie interne e le Agenzie ne erano l’esempio lampante. Lo stesso Toro Seduto con amarezza constatava:

“ Il solo indiano rimasto sono io.”

Fu il 1° gennaio del 1889 durante un eclisse “ in cui il sole morì”, che un giovane stregone Paiute della riserva di Pyramid Lake nel Nevada Occidentale, che si chiamava Wo-vo-Ka, dichiarò di essere stato in sogno dal Grande Spirito e che il Grande Spirito gli avrebbe detto:

“ Tornerà un nuovo Messia sulla terra non sarà bianco perché i bianchi lo hanno rinnegato e ucciso, ma sarà indiano.”


Il nuovo Messia sarebbe arrivato dall’Ovest con tutte le Nazioni degli Indiani morti, con bisonti e cavalli e vivi e morti si sarebbero riuniti per dare vita ad un nuovo mondo.

Inoltre il Grande Spirito gli aveva dato ordine di insegnare agli indiani di amarsi l’uno con l’altro e a celebrare la Gost Danze, cioè la danza degli spettri.

L’annuncio di Wo-vo-ka non ebbero grande presa nei Paiute, ma si diffuse a macchia d’olio nelle Praterie. Impressionò i Sioux, i Cheyenne, i Kiowa e gli Arapaho. Furono mandati degli emissari, tra cui due grandi capi dei Sioux, Short Bull e Kicking Bear ad incontrare Wo-vo-ka. Furono propri gli emissari ad insegnare agli indiani la danza degli spettri, la nuova religione e spiritualità. Kicking Bear dichiarò di essere stato in cielo dal Grande Spirito che gli aveva detto:

“ Io coprirò la terra con un nuovo sole, sotto il quale tutti i bianchi verranno sepolti. La rivestirò di un’erba dolce, di acque limpide e di alberi; mandrie di bisonti e di cavalli la percorreranno…Mentre rinnoverò il mondo, i miei figli rossi che danzeranno e pregheranno verranno chiamati tra gli spiriti…Essi non hanno nulla da temere dai bianchi, poiché farò sì che la loro polvere non si accenda…E se un uomo rosso muore per mano di un bianco, egli sarà accolto nel regno degli spiriti e ritornerà la primavera seguente…”.

Durante la danza la gente cadeva in trance e vedeva i propri familiari defunti. Per gli indiani ogni preghiera che otteneva risultati spirituali era una buona preghiera e quindi sia i più scettici che coloro che non credevano al potere della nuova religione provavano almeno una volta a danzare.

Lo stesso Toro seduto disse:

“ E’ impossibile che un morto torni a vivere,”

ma lasciò libera la sua tribù di parteciparvi ed anche lui stesso vi partecipò piangendo sua figlia morta.

Tutti, e ovunque, gli indiani incominciarono a danzare e ad amarsi.

La particolarità dei danzatori era quella di indossare indumenti sacri ( chiamati dai bianchi – casacche degli spettri -) che erano dipinti con raffigurazioni del sole, della luna, delle stelle, dell’aquila, della gazza e del bisonte, ma soprattutto erano a prova di proiettile. La danza degli spettri era una variante della danza del sole. Dopo essersi purificati nelle capanne sudatorie, uomini e donne si tenevano per mano e si disponevano in uno o più ampi cerchi che ruotavano intorno all’albero sacro, allargandosi e stringendosi a seconda che i danzatori si allontanavano o si avvicinavano al centro. Veniva eseguita di notte e le forme ricoperte dai drappi bianchi alla luce del fuoco acceso prendevano l’aspetto di fantasmi. Una volta terminata la danza tutti fumavano la grande pipa e ascoltavano le parole dell’uomo medicina.

La danza degli spettri ebbe l’onore di ridare un po’ di dignità a quel popolo che aveva perso tutto, dapprima la stampa, poi il governo, le agenzie indiane e infine anche l’esercitò, pensarono che gli indiani si preparavano ad una nuova guerra, ipotesi assolutamente non vera.

La danza degli spettri da lì a pochi mesi si sarebbe esaurita da sola. Era una danza innocua, pacifica.

Il popolo rosso, gli indiani sapevano benissimo che la grande Nazione non esisteva più, non avevano più nulla, erano di un’inferiorità numerica spaventosa e non avevano nessun desiderio di scatenare una guerra.

I bianchi invece la presero subito a pretesto e ignobilmente vollero dapprima imprigionare Toro Seduto con l’aiuto di Pecos Bill ma non riuscendovi lo fecero uccidere dagli uomini dell’agenzia. Dopo alcuni giorni ci fu il massacro di Wounded Knee, dove vennero trucidati e uccisi donne, anziani e bambini.

Con l’appoggio della chiesa le cerimonie e tutte le danze del popolo rosso furono proibite.

I bambini vennero sradicati e portati via con la forza ai genitori e messi in squallidi collegi religiosi dei bianchi, dove gli veniva proibito di parlare la loro lingua, dove venivano seviziati, maltrattati, offesi, umiliati, fatti morire di fame e stenti e soprattutto insegnandoli a vergognarsi di essere nati indiani.

Tutto questo avveniva con la benedizione del governo americano e della chiesa cristiana.


( Alcuni studiosi, ci dicono che la danza degli spettri o qualcosa di simile veniva praticata in alcune tribù Apache, già prima di quel famoso 1° gennaio 1889 ).

Fonte: Jean Pictet – la grande storia degli indiani d’america – Edizioni Mondatori.

Stanley Vestal – Toro Seduto – Edizioni Mursia.

Perle indiane



La sola cosa neccessaria per la tranquillità del mondo, è che ogni bambino possa crescere felice
Capo Indiano Dan George

Un uomo Sacro ama il silenzio, ci si avvolge come in una coperta: un silenzio che parla, con una voce forte come il tuono, che gli insegna tante cose. Uno sciamano desidera essere in un luogo dove si senta solo il ronzio degli insetti. Se ne sta seduto, con il viso rivolto a ovest, e chiede aiuto. Parla con le piante, ed esse rispondono. Ascolta con attenzione le voci degli animali. Diventa uno di loro. Da ogni creatura affluisce qualcosa dentro di lui. Anche lui emana qualcosa: come e che cosa io non lo so, ma è così. Io l'ho vissuto. Uno sciamano deve appartenere alla terra: deve leggere la natura come un uomo bianco sa leggere un libro.
Cervo Zoppo
Sioux

Ci sono quattro strade che possono portarti dove vuoi andare.
La prima ti conduce dove ti manda il tuo primo pensiero.
Non è la strada giusta. Rifletti un poco.
Affronti allora la seconda.
Rifletti nuovamente ma non scegli ancora.
Finalmente, alla quarta riflessione tu sarai sulla strada giusta.
Così non rischierai più nulla.
Qualche volta, lascia passare una giornata prima di risolvere il tuo problema.
Diablo

Gli anziani meritano il massimo rispetto, perché ci hanno tramandato le tradizioni, la cultura e la Lingua. Essi ancora oggi, con la loro saggezza, ci aiutano a rendere migliore la nostra vita.
Sinta Glesha

Quando siete giunti in questo continente avete trovato un popolo di pelle rossa. Era in armonia con tutti gli esseri viventi. Ma voi non avete visto la sua bellezza sul cammino della vostra civiltà', guardate ora la disperazione che gli ha dato l'avervi conosciuto. E in quella disperazione ammirate quella che ogni giorno date a voi stessi.
Nuvola Azzurra, Sioux Lakota

Attendetevi che i fiumi scorrano all' incontraio
allo stesso modo che ogni uomo nato libero
sia contento d' essere rinchiuso entro limiti precisi
senza la libertà di andare dove vuole.

Il corpo muore. Il corpo è semplicemente ciò che l'anima materialmente possiede.
E' il suo involucro. L'anima prosegue la sua vita.
Susie Billie, 102 anni, Seminole

martedì, novembre 10, 2009

Capriolo Zoppo, 1854 - Il Manifesto dei Diritti della Terra



Questa lettera fu scritta dal capo dei Pellirossa Capriolo Zoppo nel 1854 al Presidente degli Stati Uniti Franklin Pirce.
Il documento qui integralmente riprodotto è senz’altro una delle più elevate espressioni di sintonia dell’uomo col creato ed esprime la ricchezza universale dei “popoli nativi”, dei veri “indigeni” di ogni luogo della terra ed è la risposta che il Capo Tribù di Duwamish inviò al Presidente degli Stati Uniti che chiedeva di acquistare la terra dei Pellerossa.

"Il grande Capo che sta a Washington ci manda a dire che vuole comprare la nostra terra. Il grande Capo ci manda anche espressioni di amicizia e di buona volontà. Ciò è gentile da parte sua, poiché sappiamo che egli ha bisogno della nostra amicizia in contraccambio. Ma noi consideriamo questa offerta, perché sappiamo che se non venderemo, l’uomo bianco potrebbe venire con i fucili a prendere la nostra terra. Quello che dice il Capo Seattle, il grande Capo di Washington può considerarlo sicuro, come i nostri fratelli bianchi possono considerare sicuro il ritorno delle stagioni.

Le mie parole sono come le stelle e non tramontano. Ma come potete comprare o vendere il cielo, il colore della terra? Questa idea è strana per noi. Noi non siamo proprietari della freschezza dell’aria o dello scintillio dell’acqua: come potete comprarli da noi?

Ogni parte di questa terra è sacra al mio popolo. Ogni ago scintillante di pino, ogni spiaggia sabbiosa, ogni goccia di rugiada nei boschi oscuri, ogni insetto ronzante è sacro nella memoria e nella esperienza del mio popolo. La linfa che circola negli alberi porta le memorie dell’uomo rosso. I morti dell’uomo bianco dimenticano il paese della loro nascita quando vanno a camminare tra le stelle. Noi siamo parte della terra ed essa è parte di noi. I fiori profumati sono nostri fratelli. Il cervo, il cavallo e l’aquila sono nostri fratelli. Le creste rocciose, le essenze dei prati, il calore del corpo dei cavalli e l’uomo, tutti appartengono alla stessa famiglia. Perciò. Quando il grande Capo che sta a Washington ci manda a dire che vuole comprare la nostra terra, ci chiede molto. Egli ci manda a dire che ci riserverà un posto dove potremo vivere comodamente per conto nostro. Egli sarà nostro padre e noi saremo i suoi figli. Quindi noi considereremo la Vostra offerta di acquisto. Ma non sarà facile perché questa terra per noi è sacra. L’acqua scintillante che scorre nei torrenti e nei fiumi non è soltanto acqua ma è il sangue dei nostri antenati. Se noi vi vendiamo la terra, voi dovete ricordare che essa è sacra e dovete insegnare ai vostri figli che essa è sacra e che ogni tremolante riflesso nell’acqua limpida del lago parla di eventi e di ricordi, nella vita del mio popolo.

Il mormorio dell’acqua è la voce del padre, di mio padre. I fiumi sono i nostri fratelli ed essi saziano la nostra sete. I fiumi portano le nostre canoe e nutrono i nostri figli. Se vi vendiamo la terra, voi dovete ricordare e insegnare ai vostri figli che i fiumi sono i nostri fratelli ed anche i vostri e dovete perciò usare con i fiumi la gentilezza che userete con un fratello.

L’uomo rosso si è sempre ritirato davanti all’avanzata dell’uomo bianco, come la rugiada sulle montagne si ritira davanti al sole del mattino. Ma le ceneri dei nostri padri sono sacre. Le loro tombe sono terreno sacro e così queste colline e questi alberi. Questa porzione di terra è consacrata, per noi. Noi sappiamo che l’uomo bianco non capisce i nostri pensieri. Una porzione della terra è la stessa per lui come un’altra, perché egli è uno straniero che viene nella notte e prende dalla terra qualunque cosa gli serve. La terra non è suo fratello, ma suo nemico e quando la ha conquistata, egli si sposta, lascia le tombe dei suoi padri dietro di lui e non se ne cura. Le tombe dei suoi padri e i diritti dei suoi figli vengono dimenticati. Egli tratta sua madre, la terra e suo fratello, il cielo, come cose che possono essere comprate, sfruttate e vendute, come fossero pecore o perline colorate.

IL suo appetito divorerà la terra e lascerà dietro solo un deserto.

Non so, i nostri pensieri sono differenti dai vostri pensieri. La vista delle vostre città ferisce gli occhi dell’uomo rosso. Ma forse ciò avviene perché l’uomo rosso è un selvaggio e non capisce.

Non c’è alcun posto quieto nelle città dell’uomo bianco. Alcun posto in cui sentire lo stormire di foglie in primavera o il ronzio delle ali degli insetti. Ma forse io sono un selvaggio e non capisco. Il rumore della città ci sembra soltanto che ferisca gli orecchi. E che cosa è mai la vita, se un uomo non può ascoltare il grido solitario del succiacapre o discorsi delle rane attorno ad uno stagno di notte?

Ma io sono un uomo rosso e non capisco. L’indiano preferisce il dolce rumore del vento che soffia sulla superficie del lago o l’odore del vento stesso, pulito dalla pioggia o profumato dagli aghi di pino.

L’aria è preziosa per l’uomo rosso poiché tutte le cose partecipano dello stesso respiro.

L’uomo bianco sembra non accorgersi dell’aria che respira e come un uomo da molti giorni in agonia, egli è insensibile alla puzza.

Ma se noi vi vendiamo la nostra terra, voi dovete ricordare che l’aria è preziosa per noi e che l’aria ha lo stesso spirito della vita che essa sostiene. Il vento, che ha dato ai nostri padri il primo respiro, riceve anche il loro ultimo respiro. E il vento deve dare anche ai vostri figli lo spirito della vita. E se vi vendiamo la nostra terra, voi dovete tenerla da parte e come sacra, come un posto dove anche l’uomo bianco possa andare a gustare il vento addolcito dai fiori dei prati.

Perciò noi consideriamo l’offerta di comprare la nostra terra, ma se decideremo di accettarla, io porrò una condizione. L’uomo bianco deve trattare gli animali di questa terra come fratelli. Io sono un selvaggio e non capisco altri pensieri. Ho visto migliaia di bisonti che marcivano sulla prateria, lasciati lì dall’uomo bianco che gli aveva sparato dal treno che passava. Io sono un selvaggio e non posso capire come un cavallo di ferro sbuffante possa essere più importante del bisonte, che noi uccidiamo solo per sopravvivere.

Che cosa è l’uomo senza gli animali? Se non ce ne fossero più gli indiani morirebbero di solitudine. Perché qualunque cosa capiti agli animali presto capiterà all’uomo. Tutte le cose sono collegate.

Voi dovete insegnare ai vostri figli che il terreno sotto i loro piedi è la cenere dei nostri antenati. Affinché rispettino la terra, dite ai vostri figli che la terra è ricca delle vite del nostro popolo. Insegnate ai vostri figli quello che noi abbiamo insegnato ai nostri, che la terra è nostra madre. Qualunque cosa capita alla terra, capita anche ai figli della terra. Se gli uomini sputano sulla terra, sputano su se stessi.

Questo noi sappiamo: la terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che appartiene alla terra. Questo noi sappiamo. Tutte le cose sono collegate, come il sangue che unisce una famiglia. Qualunque cosa capita alla terra, capita anche ai figli della terra. Non è stato l’uomo a tessere la tela della vita, egli ne è soltanto un filo. Qualunque cosa egli faccia alla tela, lo fa a se stesso. Ma noi consideriamo la vostra offerta di andare nella riserva che avete stabilita per il mio popolo. Noi vivremo per conto nostro e in pace. Importa dove spenderemo il resto dei nostri giorni.

I nostri figli hanno visto i loro padri umiliati nella sconfitta. I nostri guerrieri hanno provato la vergogna. E dopo la sconfitta, essi passano i giorni nell’ozio e contaminano i loro corpi con cibi dolci e bevande forti. Poco importa dove noi passeremo il resto dei nostri giorni: essi non saranno molti. Ancora poche ore, ancora pochi inverni, e nessuno dei figli delle grandi tribù, che una volta vivevano sulla terra e che percorrevano in piccole bande i boschi, rimarrà per piangere le tombe di un popolo, una volta potente e pieno di speranze come il vostro. Ma perché dovrei piangere la scomparsa del mio popolo? Le tribù sono fatte di uomini, niente di più. Gli uomini vanno e vengono come le onde del mare. Anche l’uomo bianco, il cui Dio cammina e parla con lui da amico a amico, non può sfuggire al destino comune.

Può darsi che siamo fratelli, dopo tutto. Vedremo.

Noi sappiamo una cosa che l’uomo bianco forse un giorno scoprirà: il nostro Dio è lo stesso Dio. Può darsi che voi ora pensiate di possederlo, come desiderate possedere la nostra terra. Ma voi non potete possederlo. Egli è il Dio dell’uomo e la sua compassione è uguale per l’uomo rosso come per l’uomo bianco. Questa terra è preziosa anche per lui. E far male alla terra è disprezzare il suo creatore. Anche gli uomini bianchi passeranno, forse prima di altre tribù. Continuate a contaminare il vostro letto e una notte soffocherete nei vostri stessi rifiuti.

Ma nel vostro sparire brillerete vividamente, bruciati dalla forza del Dio che vi portò su questa terra e per qualche scopo speciale vi diede il dominio su questa terra dell’uomo rosso. Questo destino è un mistero per noi, poiché non capiamo perché i bisonti saranno massacrati, i cavalli selvatici tutti domati, gli angoli segreti della foresta pieni dell’odore di molti uomini, la vista delle colline rovinate dai fili del telegrafo. Dov’è la boscaglia? Sparita. Dov’è l’aquila? Sparita. E che cos’è dire addio al cavallo e alla caccia? La fine della vita e l’inizio della sopravvivenza.

Noi potremmo capire se conoscessimo che cos’è che l’uomo bianco sogna, quali speranze egli descriva ai suoi figli nelle lunghe notti invernali, quali visioni egli accenda nelle loro menti, affinché essi desiderino il futuro. Ma noi siamo dei selvaggi. I sogni dell’uomo bianco ci sono nascosti. E poiché ci sono nascosti noi seguiremo i nostri pensieri.

Perciò noi considereremo l’offerta di acquistare la nostra terra. Se accetteremo sarà per assicurarci la riserva che avete promesso. Lì forse potremo vivere gli ultimi nostri giorni come desideriamo. Quando l’ultimo uomo rosso sarà scomparso dalla terra ed il suo ricordo sarà l’ombra di una nuvola che si muove sulla prateria, queste spiagge e queste foreste conserveranno ancora gli spiriti del mio popolo.

Poiché essi amano questa terra come il neonato ama il battito del cuore di sua madre. Così, se noi vi vendiamo la nostra terra, amatela come l’abbiamo amata noi. Conservate in voi la memoria della terra com’essa era quando l’avete presa e con tutta la vostra forza, con tutta la vostra capacità e con tutto il vostro cuore conservatela per i vostri figli ed amatela come Dio ci ama tutti.

Noi sappiamo una cosa, che il nostro Dio è lo stesso Dio. Questa terra è preziosa per Lui. Anche l’uomo bianco non fuggirà al destino comune. Può darsi che siamo fratelli, dopo tutto. Vedremo!"

Capriolo Zoppo, 1854

lunedì, novembre 09, 2009

Ascolta, il passo breve delle cose



Ascolta, il passo breve delle cose
- assai più breve delle tue finestre -
quel respiro che esce dal tuo sguardo
chiama un nome immediato: la tua donna.
E' fatta di ombra e ciclamini,
ti chiede il tuo mistero
e tu non lo sai dare.
Con le mani
sfiori profili di una lunga serie di segni
che si chiamano rime.
Sotto, credi,
c'è presenza vera di foglie;
un incredibile cammino
che diventa una meta di coraggio.

Alda Merini, da LA VOLPE E IL SIPARIO

Stonehenge, le nubi si aprono per le nozze del sole con la luna



(Tratto da "La Repubblica" del 12 agosto 1999, pagina 4, sezione CRONACA)

SALISBURY - Ho lasciato i miei occhi a Stonehenge, scrive Linda sul suo diario, un piccolo quaderno liso con Star Trek in copertina. Ho lasciato i miei occhi a Stonehenge, scrive furiosamente, ma che importa. Era meraviglioso. Eravamo tutti lì, come apostoli, seduti davanti a queste pietre giganti e misteriose, con lo sguardo rivolto al sole che faceva l' amore con la luna. E quando si è fatto buio, ho sentito una grande gioia e poi un freddo intenso, ed ho abbracciato il mio Michael che è arrivato qui con me da Key West, Florida. Ora penso: stasera forse non vedremo nulla, nessuno di noi vedrà nulla, perché non abbiamo usato questi ridicoli occhialini che avevo comprato a Londra. Le nuvole sono state il nostro filtro naturale. Meraviglioso. Si può spiegare la bellezza di vivere l' eclisse nel primo posto del mondo dove l' uomo ha imparato a prevedere il giorno esatto in cui la luna e il sole si sarebbero incontrati? Perché questo è, forse, Stonehenge. Uno dei più grandi misteri archeologici di tutti i tempi. Come la Grande Piramide di Giza, o le linee di Nazca in Perù. Qui, nella piana di Salisbury, ci sono fossati, terrapieni, cerchi di fori, e sopra, giganteschi monoliti, pietre che pesano fino a cinquanta tonnellate, perfettamente tagliate e incastrate tra loro con un sistema così efficace che sono state paragonate alla Danza dei Giganti, perché danno l' impressione di essere proprio giganti che ballano in circolo, tenendosi le braccia sulle spalle. Sì anche i druidi hanno frequentato Stonehenge, ma molto tempo dopo la sua prima costruzione che si fa risalire al 3500 avanti Cristo. Certo, anche il mago Merlino avrebbe partecipato al suo completamento, facendo arrivare dall' Irlanda grossi monoliti, ma qui parliamo della notte dei tempi. Del vero inizio di tutto. I discepoli della New Age, gli hippy, i neopagani, i cercatori di Ufo adorano questo magico monumento che considerano "il primo calendario astronomico in grado di calcolare gli spostamenti del sole e della luna". E ieri erano tutti qui, richiamati da un misterioso passaparola. Sono venuti a migliaia, senza bisogno della pubblicità fracassona della Cornovaglia, "l' unica regione della Gran Bretagna dove potrete vedere l' eclisse al cento per cento!". A Stonehenge c' era solo il 97 per cento di visibilità? Sì, ma il cielo ha fatto un miracolo. Erano da poco passate le dieci e c' era già una grande folla, diecimila persone almeno. Quelli con il sacco a pelo che avevano dormito nei campi, quelli con i bambini che non ci volevano venire, però dai retta a papà, sarà bellissimo. Quelli che con il thermos per il caffè bollente, perché poi farà freddo, vedrete. Quelli che erano soli, con un libro archeologico sottobraccio, ma neanche lo aprivano, ipnotizzati com' erano dal posto. E poi i semplici turisti, spesso in bermuda, che si facevano le foto, dai con le pietre dietro, così posso dire che c' ero. Quelli che passeggiavano intorno al recinto che da qualche anno tiene i visitatori a una ventina di metri dal monumento, perché altrimenti va a finire che lo distruggono. E poi c' erano quelli come Linda e Michael, attorno ai 30 anni, i capelli molto lunghi, i golf colorati, le scarpe da trekking, un' aria vagamente hippy. Tantissimi. Felici, diresti. Insomma, l' eclissi stava ormai per iniziare e il cielo era coperto senza speranze. Da nord a sud, da Oxford a Salisbury, c' erano solo nubi basse, bianche, come schiuma da barba fatta. Ma quando il primo spicchio di Luna ha sfiorato il Sole, è successo qualcosa perché qui l' hanno visto tutti benissimo. Come se qualcuno, lassù, avesse deciso che Stonehenge, con i suoi discepoli, non poteva mancare alle "nozze del secolo". Allora le nubi si sono fatte sottili sottili, come fossero il velo di una sposa che va incontro al suo amore. La Luna e il Sole. E tutti sotto si sono accorti che l' eclissi si vedeva, meglio senza occhialini, "perché le nuvole fanno da filtro". Così è passata un' ora interminabile, nel senso che qualcuno avrebbe voluto non finisse mai. Gli uccelli, migliaia di piccoli uccelli marroni, si sono appollaiati in silenzio sui triliti del circolo Sarsen, per godersi lo spettacolo delle nuvole che facevano la "ola". Ogni tanto, infatti, l' eclissi spariva. Ma era questione di secondi. Quando il sole era ormai uno spicchio, un druido, vestito con un sacco di juta, ha saltato il recinto ed è andato verso le piccole pietre di quarzo blu. Ha fatto appena in tempo a toccarne una col suo bastone pronunciando una formula celtica, che già gli agenti gli erano addosso. Allora un ragazzo australiano ha estratto un boomerang dallo zaino e con un urlo tremendo lo ha lanciato al cuore di Stonehenge, l' ellittica di triliti. Si è sentito un applauso divertito. Faceva freddo, freddo davvero, ed era buio ma non notte, quando Linda e Michael si sono abbracciati e in cielo gli sposi sono spariti scortati da uno scroscio di pioggia. - dal nostro inviato RICCARDO LUNA

sabato, novembre 07, 2009

Ti aspetto e ogni giorno mi spengo poco per volta



Ti aspetto e ogni giorno
mi spengo poco per volta
e ho dimenticato il tuo volto.
Mi chiedono se la mia disperazione
sia pari alla tua assenza
no, è qualcosa di più:
è un gesto di morte fissa
che non ti so regalare.

Alda Merini, da "Clinica dell'abbandono"

La verità è sempre quella



La verità è sempre quella,
la cattiveria degli uomini
che ti abbassa
e ti costruisce un santuario di odio
dietro la porta socchiusa.
Ma l'amore della povera gente
brilla più di una qualsiasi filosofia.
Un povero ti dà tutto
e non ti rinfaccia mai la tua vigliaccheria.

Alda Merini, da "Terra d'amore"

giovedì, novembre 05, 2009

La Danza Anti-Pioggia di Ed l'Arcidruido



Tratto da “La Repubblica” — 11 agosto 1999 pagina 5 sezione: CRONACA

ST. MERYNN (Cornovaglia) - E adesso questo chi è, il Mago Merlino? "No, sono Edward Prynn, l' Arci-druido della Cornovaglia. Ma mi chiami solo Ed". Per chi ama i tipi eccentrici, Ed è il massimo della vita. Ha una tunica bianca con i bordi dorati, i capelli bianchi con i riflessi argentati e uno sguardo azzurro sull' infinito. Sembra un fumetto. E’ un vero druido. Un erede dei famosi sacerdoti celtici. Quando lo incontri, alle prese con i preparativi dell' eclisse di sole, da un momento all' altro ti aspetti di vedere spuntare fuori i celebri compagni di strada del druido, Asterix e Obelix quello del menhir. Già, perché qui ci sono anche i menhir. Il giardino del piccolo cottage di Ed è pieno di menhir, gigantesche pietre piantate nel terreno. "è la mia piccola Stonehenge" dice evocando quello che è uno dei più grandi misteri archeologici di tutti i tempi, il circolo di megaliti della piana di Salisbury, a quattro ore di auto da qui. Per i pochi turisti accorsi in Cornovaglia per l' eclissi di stamattina, l' Arci-druido è una vera manna. L' unica emozione in grado di compensare la delusione per l' atmosfera da flop commerciale che si respira ovunque e per il tempo brutto che renderà probabilmente impossibile la visione del sole nero. Per questo la notizia che l' Arci-druido della Cornovaglia avrebbe organizzato una danza contro la pioggia, ha richiamato decine di curiosi in questo piccolo villaggio di mare, lontano dal fracasso dei festival allestiti in fretta per fare business sull' eclisse e dai camping desolatamente deserti. Eccoci a St. Merynn, quattro casette in fila e all' ingresso un ristorante di pesce con una grossa signora sulla porta della cucina. Conosce mica un certo Ed il Druido? "Andate anche voi da quel pazzerellone di mio padre? Buon divertimento. Lui adora gli italiani, la sua prima moglie era di Caserta...". Nel frattempo Ed è in giardino, con una mezza dozzina di druidi e almeno il doppio di visitatori. "Questa" fa Ed indicando una grossa lastra incassata nel prato inglese, "è la famosa pietra del giudizio di cui parla il mago Merlino. Mentre quella specie di tetto sopra i due menhir è il letto dell' angelo. E la vedete quella pietra triangolare laggiù con un grosso foro al centro? Lì, durante l' eclisse, ci faremo i matrimoni druidici". Cioè? "L' uomo e la donna si mettono uno di spalle all' altro appoggiati alla pietra quando la luna oscura il sole, e zac, il gioco è fatto, sono sposati, senza bisogno di pagare avvocati". Sposati sposati? "Solo per un anno e un giorno. Nei matrimoni druidici funziona così poi se ti piace lo puoi sempre rifare. Stavolta c' è una coppia che torna, vero Glynis?" fa Ed rivolgendosi alle moglie, un donnone ricciuto con la tunica che lo segue passo passo. La storia dell' Arci- druido è così bella che la diresti un' invenzione dell' Ufficio per la promozione della Cornovaglia. Ha 62 anni, ma gliene dai tranquillamente un' ottantina. Da piccolo ha fatto qualunque mestiere, ma è stato scavando pietre in una cava che attorno ai trent' anni ha quasi perso la vista. "Nella vita, dice, ci sono incidenti che sembrano la fine del mondo. Per me è stato l' inizio di tutto". Ed chiede di comprare un piccolo terreno dove andava a raccogliere il mais: lo ottiene per 50 sterline. E lì riscopre le radici celtiche della Cornovaglia. E costruisce la sua Stonehenge. "All' inizio eravamo in venti, alla fine seicento. Li vede quei nomi là?". La parete del lato corto del villino è ricoperta di targhe grigie con i nomi colorati. "Quelli blu mi hanno aiutato un po' , quelli rossi di più, quelli d' oro tantissimo". In blu c' è anche "Margaret Thatcher, primo ministro". "è venuta a trovarmi, mi ha anche scritto una lettera". Sul lato lungo invece c' è il nuovo Pantheon dei Celti, i nomi delle persone "eccentriche e di genio da ammirare". Alfred Nobel, Leonardo da Vinci, Pierre de Coubertin, Cristoforo Colombo. Ma anche Buffalo Bill, Forrest Mars (degli omonimi torroncini al cioccolato) e il signor Coca Cola, John Pemberton. Per non parlare di Pelè, 007, Gagarin e Tina Turner "always the best". Ma come si diventa druidi? "Per caso, un giorno ho sentito che dovevo farlo. Nella vita bisogna fare delle pazzie". E così si è nominato Arci-druido. "Come capo del culto per prima cosa ho cambiato le regole: ora dal candidato si pretende qualcosa di magico, di spirituale". Per esempio? "Prenda quel bastoncino, lo afferri dai due rami e chiuda gli occhi. Lo vede che si muove?". In effetti si muove. "Le do il certificato di druido semplice, con lei siamo a quota 4098 nel mondo". Ma a che serve? "A conoscere i nostri segreti. Vede, l' eclisse è un momento fantastico. Il Sole e la Luna che si coprono sono come un uomo e una donna che fanno l' amore. E durante l' eclisse noi qui faremo tutti l' amore". E il vostro segreto qual è? Il segreto è che domani in Cornovaglia nascerà il nuovo mago Merlino. E ora perché non partecipa anche lei alla danza del sole? Mi creda è una cosa molto sexy...". - dal nostro inviato RICCARDO LUNA

mercoledì, novembre 04, 2009

Morte ai Druidi...



(Tratto da La Repubblica — 10 ottobre 1989 pagina 32 sezione: CULTURA)

PETERBOROUGH Il paesaggio è piattissimo e senza un albero. Solo ad ovest si leva, azzurra per la lontananza, la bassa collina con la cattedrale di Peterborough, nella contea di Cambridge. Il posto si chiama Flag Fen. Fino a quarant' anni fa era una palude che arrivava al mare, alla costa dell' Anglia. Prima ancora, nei secoli in cui apparteneva all' abbazia di Thorney, era il regno assoluto dell' acqua: nel mezzo della laguna c'era un'isola, e i monaci dell'abbazia, che avevano il diritto di feriagio (pedaggio), traghettavano da una parte all' altra viandanti, pastori, greggi. La terraferma cominciava con la collina di Peterborough. Questa piana, da poco bonificata, ha riservato una grossa sorpresa: l'archeologo Francis Pryor e i suoi collaboratori hanno identificato l'isola situata in mezzo all'antica laguna, scoprendo che era artificiale, essendo formata da milioni di rami di quercia (l'analisi al radiocarbonio l'ha datata a circa tremila anni fa, all'età del bronzo); e scoperta recentissima hanno accertato che là si teneva l'assemblea delle tribù celtiche della Britannia; là, sotto la presidenza del Capo dei Druidi, si dirimevano i conflitti fra le tribù, si amministrava la giustizia, si facevano sacrifici umani in onore degli dei. E' il più grande centro religioso dell' Europa preistorica. Ma scavarlo è stato faticosissimo. Per non deformare il legno imbevuto d'acqua, e perciò soffice come pane fresco, gli archeologi non hanno potuto neanche metter piede sul suolo che scavavano: stavano distesi per terra sull'orlo dello scavo e lavoravano allungando le mani. I lavori sono iniziati dieci anni fa. Dal suolo sbucavano strani pali e, poiché la bonifica stava per seppellire tutto definitivamente, si decise di controllare di che cosa si trattava. Fu trovata una diga sassone e, più in basso, una strada romana che venne facilmente datata: è il territorio dove, nel 60 d.C., divampò la rivolta guidata dalla regina Boudicca. Non appena sedata, per rafforzare il controllo sulla popolazione ostile i Romani costruirono due castra: uno poco lontano da Peterborough (si chiamava Durobrivae), l' altro in vista del mare (se ne ignora il nome); e questa, appunto era la strada militare che li univa. Sotto la strada fu trovata una fittissima rete di pali che sporgevano da una graticciata di rami e di tavole di quercia. Gli archeologi ritennero di trovarsi su un sentiero celtico; anzi, supposero che i Romani lo avessero utilizzato come fondazione della loro strada. Seguirono il sentiero per circa ottanta metri, ma cominciarono ad avere dei dubbi: era troppo largo e troppo elaborato rispetto alla norma. Allora cominciarono a saggiare il terreno tutto intorno: dovunque scavassero, rispuntava la piattaforma di legno. Nell' arco di nove anni riuscirono a stabilire alcuni punti fermi: l'isola di legno era perfettamente rotonda e molto grande; vi si accedeva da una strada che arrivava dritta dalla terraferma e poi l'aggirava completamente; nell'isola sorgeva, sempre in legno, un grande edificio rettangolare. Era una scoperta eccezionale. Ma disorientava gli archeologi: come mai era venuto in mente a uomini preistorici di costruirsi il loro piccolo villaggio con un sistema così costoso? Nella laguna non ci sono mai state querce: che tribù era mai questa, in grado di organizzare lavori che richiedevano centinaia e centinaia di uomini? Non poteva trattarsi di un centro religioso, pensarono, non poteva trattarsi dei Druidi, perché le fonti storiche ne testimoniano l'esistenza solo in un' epoca più tarda. La soluzione è arrivata quest'anno: scavando lungo il margine esterno dell'isola (cioè nell'antica laguna) sono state trovate molte testimonianze di omicidi rituali (uomini sgozzati e animali trapassati da pali appuntiti), nonché grandi quantità di oggetti di bronzo: i tesori che venivano offerti all'Acqua, l'elemento sacro che dà origine alla vita ed è la porta del mondo dei morti. In vista dell'impresa gallica, Cesare studiò a fondo la religione dei Druidi (sarebbe stato un errore fatale se durante gli assedi alle città avesse sbagliato il nome del dio da invocare ad alta voce per indurlo a uscire dalle mura in cambio di un tempio a Roma), e fu il primo a sottolineare il ruolo di primo piano dei Druidi (saggi) nella società celtica. Ad essi era demandata l' educazione dei giovani nobili; e tra questi, solo i pochissimi che avevano un' autentica stoffa di studiosi venivano selezionati per la carriera di sacerdote. Per fare un buon Druido occorrevano venti anni di studio intenso: bisognava imparare a memoria migliaia e migliaia di versi, avere attitudini per l' osservazione delle stelle, per le scienze naturali, per la medicina, per la teologia, per la speculazione sul significato della vita e della morte. I Druidi delle singole tribù eleggevano un capo supremo la cui autorevolezza era tale che nelle riunioni annuali ai re non era consentito prendere la parola se il sommo sacerdote non gliene avesse dato il permesso. E si capisce dice Cesare che qualche volta, quando si doveva eleggere un uomo dotato di tale potere, si scatenasse una lotta furibonda. Ma c'è un'altra osservazione di Cesare che mi spinge a guardare con occhio più interessato questa vasta piana. Cesare afferma che il centro più prestigioso di cultura celtica era in Britannia e che molti Druidi della Gallia vi andavano a soggiornare per perfezionarsi. Era forse qui che venivano? Tra gli antichi è un coro concorde: i Druidi erano uomini di grande cultura e di grande saggezza. E davvero colpisce che in una società guerriera il massimo potere fosse conferito non agli uomini più forti (i re), ma ai più colti, così come colpisce il fatto che il dio più importante non fosse Giove, signore dell' universo, ma Mercurio, inventore di tutti i mestieri e protettore del commercio. Ma il coro è ugualmente concorde nel recriminare: i Druidi compivano riti di efferata crudeltà. A quel che è dato capire, gli omicidi rituali erano basati su due credenze: quando si entrava in guerra (il che accadeva spessissimo), per assicurarsi la vittoria e la vita bisognava offrire agli dei un numero di vittime più o meno uguale alle prevedibili proprie perdite. Questa era però un' operazione che si faceva a credito, nel senso che ci si impegnava solennemente ad offrire la vita dei prigionieri di guerra. E' nota la scena descritta da Strabone: i prigionieri, le mani legate dietro la schiena, venivano consegnati, uno alla volta, a una vecchia scalza che indossava una tunica bianca. Questa li agguantava per i capelli, li trascinava davanti a un calderone e lì, con un colpo di pugnale, gli tagliava di netto la gola. Poi c' era l' iniziativa del singolo. Un giovane nobile in procinto di partire per la guerra poteva garantirsi di uscirne indenne con un solo sistema: facendo morire un altro al suo posto. Seconda credenza: la volontà degli dei poteva leggersi solo nel sangue che scorreva; di qui la necessità di sgozzare esseri umani in continuazione, per tenersi al corrente delle decisioni divine. In genere toccava ai ladri e agli assassini; ma quando questi scarseggiavano, ne andavano di mezzo i bravi ragazzi (ha una faccia da bravo ragazzo lo scannato esposto al British Museum, che, essendo stato trovato nella torba in un antico lago , è rimasto intatto: sembra di cuoio). E' indubbio che i Celti avessero alcune cattive abitudini: tagliavano le teste dei nemici uccisi in battaglia e se le portavano a casa, dove, come fanno i cacciatori con le teste dei cervi e delle renne, le attaccavano alle pareti. Lo scienziato greco Posidonio, che visse a lungo in mezzo ai Celti, racconta che nei primi tempi, quando lo invitavano a entrare in una casa, gli veniva da vomitare. Poi si abituò, e anzi non batté ciglio quando un amico gli volle mostrare il pezzo più prezioso della sua collezione: la testa di un capo, unta di un olio speciale, da lui custodita dentro una cassetta. Ma nell'isola di Flag Fen non si facevano solo sacrifici. La gente che arrivava da ogni parte per le tante feste dei tantissimi dei, voleva anche divertirsi. Accanto al tempio, i fedeli si accampavano nelle tende; mercanti e osti mettevano su i loro banchetti: si mangiava, si suonava, si cantava. E i più applauditi erano i cantastorie. Parte di questi antichissimi canti sono sopravvissuti nel Galles e in Irlanda. Nel poema epico Lebol Gabala i protagonisti sono gli antichissimi dei celti: vi si narra di divinità guerriere che sbarcano nell'isola, bruciano i loro vascelli e danno battaglia agli dei locali. E' una storia piena di stragi e di avventure, anche comiche: come quando il dio Dagda va nel campo avverso per parlamentare, viene invitato al banchetto e si abbuffa talmente da stramazzare al suolo, e i nemici ridono del dio che se ne sta a terra con la pancia gonfia come una montagna. Ma Dagda non è un buffone, è un dio di tutto rispetto: nelle sculture è rappresentato con la ruota del Sole in mano ed è detto il Rosso che tutto vede e tutto sa. Nel poema incontriamo anche la dea Morrigain che in battaglia, quando se la vede brutta, ricorre alle arti magiche: ricomparirà nel Ciclo del Re Artù come Fata Morgana. I Romani, in genere tolleranti verso le religioni altrui, dichiararono guerra senza quartiere ai Druidi, con la giustificazione che era neccessario porre fine agli omicidi rituali; in realtà, per distruggere i focolai della resistenza. Il santuario di Flag Fen fu così raso al suolo subito dopo la ribellione di Boudicca: la strada militare ci passò sopra e, dai due castra, i legionari facevano buona guardia. Da allora non ci furono più Druidi, ma solo stregoni, maghi e una grande abbondanza di streghe. - di CLARA VALENZIANO

La mia poesia è alacre come il fuoco


La mia poesia è alacre come il fuoco
trascorre tra le mie dita come un rosario
Non prego perché sono un poeta della sventura
che tace, a volte, le doglie di un parto dentro le ore,
sono il poeta che grida e che gioca con le sue grida,
sono il poeta che canta e non trova parole,
sono la paglia arida sopra cui batte il suono,
sono la ninnanànna che fa piangere i figli,
sono la vanagloria che si lascia cadere,
il manto di metallo di una lunga preghiera
del passato cordoglio che non vede la luce.

Alda Merini, da "La volpe e il sipario"

martedì, novembre 03, 2009

Alda Merini se n'è andata...


Da www.repubblica.it

Era considerata la più grande in Italia.
Una vita segnata dalla malattia mentale.
Un'artista capace di scavare in profondità nell'animo umano.

E' morta la poetessa Alda Merini, cantò il dolore degli esclusi

Il presidente della Repubblica: "Si è spenta una voce limpida e ispirata"

MILANO - E' morta a Milano la poetessa Alda Merini. Aveva 78 anni. Protagonista della scena culturale italiana, e considerata la più grande poetessa italiana vivente, era ricoverata all'ospedale San Paolo (la camera ardente sarà allestita a Palazzo Marino) da una decina di giorni per un tumore osseo. Viveva in condizioni di indigenza - per scelta - tanto che i pasti quotidiani le venivano portati dai servizi sociali comunali. Ha cantato gli esclusi e ha vissuto la malattia mentale. Le esequie si terranno mercoledì 4 novembre in Duomo a Milano: funerali di Stato, ha annunciato il sindaco Letizia Moratti dopo il via libera del Consiglio dei ministri.

Negli ultimi anni il suo volto era divenuto popolare anche al pubblico televisivo. Frequenti le sue apparizioni, la voce arrochita dal fumo, parole e pensieri profondi e comprensibili. Grazie a lei, molti si erano avvicinati alla poesia. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è detto profondamente rattristato della sua scomparsa: "Viene meno un'ispirata e limpida voce poetica".

Nata in una famiglia poco abbiente (il padre era impiegato in una compagnia di assicurazione, la madre casalinga) la Merini esordì appena quindicenne con la raccolta La presenza di Orfeo curata dall'editore Schwarz. E mentre già attirava l'attenzione della critica, incontrava difficoltà nel mondo della scuola "normale". Venne infatti respinta quando tentò di entrare al liceo Manzoni poiché - dissero - non era stata sufficiente nella prova d'italiano.

Da quel momento ha vissuto al confine tra il riconoscimento della sua eccezionale capacità poetica e la malattia mentale, che nel 1947 la portò al ricovero, per un mese, nella clinica Villa Turro, a Milano. Lei stessa ne ha sempre parlato e scritto definendo la sua sofferenza come "ombre della mente". Con le quali, nel tempo, ha saputo convivere. Il dolore l'ha aiutata a scandagliare l'animo umano.

Così Alda Merini ha spiegato ad Antonio Gnoli l'uscita dalla malattia, in un'intervista a Repubblica.
"Per me guarire è stato un modo di liberarmi del passato. Tutto è accaduto in fretta. L'ultima volta che sono stata all'Istituto che mi aveva in cura per depressione mi è accaduta una cosa che non avevo mai provato. Una mattina mi sono svegliata e ho detto: che ci faccio io qui? Così è davvero ricominciata la mia vita. Ho ripreso a scrivere e ho perfino trovato quel successo che non avrei mai pensato di ottenere". Sul successo Alda ride con voce roca e lenta e poi aggiunge: "Il successo è come l'acqua di Lourdes, un miracolo. La gente applaude, osanna e ti chiedi: ma cosa ho fatto per meritare tutto questo? Penso che la folla, anche piccola, che ti ama ti aiuta a vivere. In fondo un poeta ha anche qualcosa di istrionico e di folle. Per questo il manicomio è stato per me il grande poema di amore e di morte. Ma anche questo luogo oggi è distante. Mi capita a volte di rivederlo in sogno. Io sogno tantissimo. E tra i sogni ne ricorre uno: sono dentro a un luogo chiuso, e io che cerco le chiavi per uscire. Forse sono mentalmente ancora in quel luogo che mi ha ucciso e mi ha fatto rinascere. Mi sento una donna che desidera ancora. Oggi per esempio vorrei che qualcuno mi andasse a comprare le sigarette. Non ho mai smesso di fumare, né di sperare".

Fin dai primi anni del suo lavoro poetico, conobbe e frequentò maestri come Quasimodo, Montale e Manganelli che la sostennero e promossero la pubblicazione delle sue opere. Dopo La presenza di Orfeo (e alcune poesie singole pubblicate in diverse antologie), escono Nozze romane e Paura di Dio. La Merini, nel frattempo si era sposata con Ettore Carniti (1953) e aveva avuto la sua prima figlia Emanuela. Al pediatra della bambina aveva dedicato la raccolta Tu sei Pietro (1961). Comincia qui un altro periodo difficile costellato di ricoveri e ritorni a casa, ma anche allietato dalla nascita di altri tre figli. Con un lungo periodo al "Paolo Pini". Dal 1972 al 1979 la situazione a poco a poco migliora e la poetessa torna a scrivere. E racconta in poesia e prosa la sua esperienza (La Terra Santa).

Rimasta vedova nel 1981, si risposerà con il poeta Michele Pierri (1983) e con lui andrà a vivere a Taranto e ancora incontrerà i fantasmi della sua mente. Nel 1986 torna a Milano dove vive fino alla morte. A quest'ultimo ventennio appartiene la maggior parte delle sue opere più note: "La vita facile", "La vita felice", "L'altra verità. Diario di una diversa", ""le parole di Alda Merini", "Folle, folle, folle d'amore per te", "Nel cerchio di un pensiero", "Le briglie d'oro" e tante altre. Compreso "Superba è la notte", un tentativo di Einaudi di sistemare le poesie scritte tra il 1996 e il 1999. Sul suo sito internet, una foto con i capelli scarmigliati, lo sguardo profondo e la sigaretta in mano, e tre versi: "(Sono una piccola ape furibonda.) Mi piace cambiare colore. Mi piace cambiare di misura".

I frati francescani di Assisi, raggiunti dalla notizia della sua scomparsa, si sono riuniti in preghiera: "La comunità francescana del Sacro convento di Assisi affida al Signore l' anima della poetessa Alda Merini e partecipa al dolore di chi sta soffrendo per la sua perdita". Lo ha detto il custode del Sacro convento, padre Giuseppe Piemontese. Tra la Merini e i francescani c'era un rapporto particolare, per quel suo modo di essere aperta al mondo più semplice e alle altre arti meno "colte". Circa due anni fa nella Basilica superiore, si tenne un concerto di Lucio Dalla ispirato ai versi di Alda. Lei ne fu orgogliosa. E i francescani si innamorarono di questa donna, e del suo scontroso e dolcissimo modo di esistere.


(1 novembre 2009)

lunedì, novembre 02, 2009

I DRUIDI SANNO



Da un antichissimo manoscritto druidico, un anatema di inaudita e sacra potenza...

I DRUIDI SANNO

I Druidi sanno rispettare
la natura e quello che ci dà.
Stanno attenti sai a non strappare quasi mai
i fiori e tutto il verde che nel bosco c'è.
Come i Druidi noi dobbiamo fare, drui-daddero.
basta un po' di buona volontà, drui-daddero.
Tutto cambierà, il nostro Faerun guarirà
così ancor più sereni poi saremo noi.
Tutto cambierà, oscure nubi a volontà…

I Druidi sanno che un tesoro c'è
nel fiore accanto a te
Aerdrie Faenya pensa sempre a noi
e i Druidi sono tutti amici suoi.
I Druidi sanno che li seguirai
DA LORO IMPARERAI.
Aerdrie Faenya è sempre accanto a noi
puoi aiutarla certamente se lo vuoi.
Tutto cambierà, il nostro Faerun guarirà.

I Druidi sanno che ogni arbusto, drui-daddero
è speciale e un giorno fiorirà, drui-daddero
stanno attenti sai a non strappare quasi mai
i fiori e tutto il verde che nel bosco c'è.
E' davvero questo il modo giusto, drui-daddero
la natura ci ringrazierà, drui-daddero.
Tutto cambierà, il nostro Faerun guarirà
così ancor più sereni poi saremo noi.
Tutto cambierà, oscure nubi a volontà…

I Druidi sanno che un tesoro c'è
nel fiore accanto a te
Aerdrie Faenya pensa sempre a noi
e i Druidi sono tutti amici suoi.
I Druidi sanno che li seguirai
DA LORO IMPARERAI.
Aerdrie Faenya è sempre accanto a noi
puoi aiutarla certamente se lo vuoi.

I Druidi sanno sempre rispettare la natura
rispettare la natura
dai proviamoci anche noi.
I Druidi sanno che un tesoro c'è
nel fiore accanto a te
Aerdrie Faenya pensa sempre a noi
con i Druidi puoi aiutarla
DEVI SEMPRE RISPETTARLA.
Con i Druidi puoi aiutarla se lo vuoi.
Rispettiamo la natura ed allora il nostro Faerun guarirà.

I Druidi ritornano sempre...


Tornano i riti dei druidi tra le pietre di Stonehenge

Repubblica — 22 giugno 1998 pagina 12 sezione: POLITICA ESTERA

LONDRA - I druidi dopo tredici anni sono tornati all' alba a Stonehenge per celebrare il solstizio d' estate, grazie al governo laburista di Tony Blair che ha allentato un divieto in vigore dall' 85. Circa 100 persone, tra druidi - i sacerdoti celtici - in saio bianco e con lunghe spade guidati dal druida capo col cappuccio scarlatto, cultori di arti magiche, astronomi e abitanti locali si sono avicinati in processione al luogo di culto, che ricade sotto la responsabilità della sovrintendenza per i beni culturali. Alla cerimonia per il solstizio estivo al monumento nazionale di Stonehenge non è stato però riammesso il pubblico. Le circa diecimila persone attese si sono fermate così, come in passato, a 6 chilometri di distanza. I druidi erano stati banditi dall' area intorno al monumento di Stonehenge assieme alle cultrici dell' occulto e i seguaci della New Age che regolarmente in occasione del giorno più lungo dell' anno confluiscono nella piana di Salisbury, nell' Inghilterra centrale a circa 150 km a ovest di Londra, per celebrare i loro riti vicino al misterioso, probabilmente un osservatorio astronomico con funzioni religiose, monumento megalitico, vecchio di cinque millenni.

Druidi all' assalto di Stonehenge

Repubblica — 22 giugno 1999 pagina 19 sezione: POLITICA ESTERA

Solstizio movimentato a Stonehenge: hippy e seguaci dell' antica religione celtica hanno invaso prima dell' alba di ieri il misterioso e maestoso sito preistorico nella campagna inglese e la polizia a cavallo ha arrestato 22 persone dopo una serie di tafferugli. Per la prima volta dal 1988, le autorità britanniche hanno concesso quest' anno l' accesso a Stonehenge a 150 fedeli della religione "druidica" praticata in Gran Bretagna nell' età pre-romana, ma un migliaio di persone ha dato l' assalto alle recinzioni.

La Casta dei Druidi


I detentori del segreto

Il positivismo del XIX secolo ha avuto il torto di prendere alla lettera le storie celtiche […]
Se i druidi, che furono gli ispiratori e gli ordinatori di questa religione, avessero lasciato dietro di sé dei testi in cui fossero stati raccolti i loro insegnamenti, non dovremmo oggi essere costretti a fare tante ipotesi.
Le notizie che abbiamo sui druidi differiscono a seconda degli autori e delle epoche […] i Vates, specializzati in sociologia, in storia e in scienze naturali […] i Bardes, sorta di poeti-cantastorie […] in un’epoca in cui non esistevano i giornali, gli avvenimenti erano divulgati da interminabili cantilene […]

Seminari agresti

La parola druido significa “molto saggio”.
[…] Non abbiamo nessun testo che riassuma l’insegnamento dei druidi, ma sappiamo che, senza essere esoterico o segreto, tuttavia esso era riservato agli allievi delle loro scuole, specie di seminari agresti, lontani dall’agitazione del mondo […]
Cathbad, il grande leggendario druido, aveva un centinaio di alunni, di cui “otto avevano assimilato la scienza druidica”, il che sta a testimoniare che la maggior parte preferiva allo studio i piaceri della caccia e dell’amore. In ogni caso essi avevano senz’altro imparato qualcosa da quella scuola.
[…] La visione della vita […] l’assenza di paura per la morte e dell’aldilà […] credenza radicata nell’immortalità dell’anima e nella possibilità per l’uomo di conoscere le forme di esistenza più diverse […] amore per la vita in tutte le sue manifestazioni […] apertura verso tutte le esperienze […] il senso dell’unità del cosmo […]

Roma condanna a morte i druidi

La legge Comelia, promulgata da Tiberio, puniva con la morte gli assassini, gli avvelenatori e i druidi.

Pretese magiche dei druidi

I druidi erano signori e sacerdoti del fuoco. […]
Il vento druidico era un’altra temibile arma. Mog Ruith se ne servì per annientare l’esercito nemico. “Cominciò a soffiare sulla collina: nessun guerriero del Nord poteva tenere alzate la sua tenda, tanto la tempesta era forte… Continuando a soffiare il vento sulla collina, Mog Ruith pronunciò le seguenti parole: “Io giro… io rigiro…”. La collina allora disparve, avviluppata dalle nuvole nere… La maggior parte dell’esercito fu presa dallo spavento sentendo le grida degli uomini, il tumulto dei cavalli e dei carri che risuonarono quando la collina fu colpita alla base. Una parte dell’esercito soccombette negli spasimi dell’agonia, l’altra piombò nello scoraggiamento e nella disperazione…”

[…] le parole pronunciate dal druido che promette il suo aiuto contro i demoni […] “ Io sarò la causa dei tre rovesci di fuoco che si abbatteranno sull’esercito […] Toglierò loro due terzi del loro valore, del loro coraggio e della loro forza. Legherò l’urina nel loro corpo e nel corpo dei loro cavalli. […]

Guerrieri e donne nude

Non è possibile concludere la trattazione circa la magia senza parlare del ruolo che giocò la nudità nel complesso dei mezzi d’influenza psichica.
[…] non sappiamo, però con certezza, se la nudità, che esprimeva le forze naturali, avesse un ruolo rituale nella religione celtica. Certo non lo aveva presso i druidi, che erano inseparabili dalle loro tuniche bianche e oro.

venerdì, ottobre 30, 2009

Cominciamo bene..


Cosa dovrei fare di questo blog..? Credo di averlo a disposizione da qualche anno ormai.. e non l'ho mai usato.. mah.. quando avrò tempo e voglia vedrò di pubblicare qualcosa di interessante.. ma, del resto si sa, gli antichi druidi non vedono molto di buon occhio le nuove tecnologie..