lunedì, dicembre 28, 2009

L'Approdo



Felice l’uomo che ha raggiunto il porto,
Che lascia dietro di sè mari e tempeste,
I cui sogni sono morti o mai nati,
E siede a bere all’osteria di Brema,
Presso al camino, ed ha buona pace.
Felice l’uomo come una fiamma spenta,
Felice l’uomo come sabbia d’estuario,
Che ha deposto il carico e si è tersa la fronte,
E riposa al margine del cammino.
Non teme né spera né aspetta,
Ma guarda fisso il sole che tramonta.

10 settembre 1964

(Primo Levi, da "AD ORA INCERTA")

giovedì, dicembre 24, 2009

"..i calci e i pugni subito, spesso sul viso.."



da “I sommersi e i salvati”
«Il sistema concentrazionario aveva lo scopo primario di spezzare la capacità di resistenza degli avversari. Su questo punto le SS avevano le idee chiare, e sotto questo aspetto è da interpretare tutto il sinistro rituale, diverso da Lager a Lager, ma unico nella sostanza, che accompagnava l'ingresso; i calci e i pugni subito, spesso sul viso; l'orgia di ordini urlati con collera vera o simulata; la denudazione totale; la rasatura dei capelli; la vestizione con stracci»

da “La tregua”
«Sentivamo che nulla mai più sarebbe potuto avvenire di cosi buono e puro da cancellare il nostro passato, e che i segni dell’offesa sarebbero rimasti in noi per sempre, e nei ricordi di chi vi ha assistito, e nei luoghi ove avvenne, e nei racconti che ne avremmo fatti. Poiché, ed è questo il tremendo privilegio della nostra generazione e del mio popolo, nessuno mai ha potuto meglio di noi cogliere la natura insanabile dell’offesa, che dilaga come un contagio. È stolto pensare che la giustizia umana la estingua. Essa è una inesauribile fonte di male: spezza il corpo e l’anima dei sommersi, li spegne e li rende abietti; risale come infamia sugli oppressori, si perpetua come odio nei superstiti, e pullula in mille modi, contro la stessa volontà di tutti, come sete di vendetta, come cedimento morale, come negazione, come stanchezza, come rinuncia»

martedì, dicembre 22, 2009

Alzarsi (Primo Levi)



Sognavamo nelle notti feroci
Sogni densi e violenti
Sognati con anima e corpo:
tornare; mangiare; raccontare.
Finché suonava breve sommesso
Il comando dell’alba;
«Wstawać»;
E si spezzava in petto il cuore.
Ora abbiamo ritrovato la casa,
il nostro ventre è sazio.
Abbiamo finito di raccontare.
È tempo. Presto udremo ancora
Il comando straniero:
«Wstawać».

11 gennaio 1946

(da AD ORA INCERTA ma è anche l'epigrafe che apra LA TREGUA)

lunedì, dicembre 21, 2009

Discorsi di Capo Giuseppe dei Nez Perces



I primi uomini bianchi
I primi uomini bianchi del vostro popolo che arrivarono nella nostra terra si chiamavano Lewis e Clark. Portarono molte cose che la nostra gente non aveva mai visto. Parlavano chiaro e la nostra gente li festeggiò per dimostrare che i loro cuori erano amichevoli. Essi offrirono doni ai nostri capi e la nostra gente offrì loro doni. Noi avevamo moltissimi cavalli e cedemmo loro quelli di cui avevano bisogno, ed essi ci diedero in cambio fucili e tabacco. Tutti i Nez Percés fecero amicizia con Lewis e Clark e acconsentirono a lasciarli passare per la loro terra e non fare mai la guerra all'uomo bianco. Questa promessa i Nez Percés non l'hanno mai infranta.

Per un po' di tempo abbiamo vissuto tranquillamente
Ma non poteva durare. Gli uomini bianchi trovarono l'oro nelle montagne della regione dell'Acqua Serpeggiante. Ci rubarono numerosi cavalli e noi non potevamo far niente per riaverli perché eravamo indiani. Gli uomini bianchi dicevano bugie. Portarono via molto del nostro bestiame. Alcuni uomini bianchi marchiarono il nostro bestiame così che noi non potevamo più reclamarlo indietro. Non avevamo amici per perorare la nostra causa di fronte ai tribunali. Mi sembra che alcuni uomini bianchi nel Wallowa facessero queste cose apposta per provocare una guerra. Sapevano che non eravamo abbastanza forti per combatterli. Io mi sono sforzato molto per evitare problemi e spargimento di sangue. Abbiamo ceduto una parte della nostra terra agli uomini bianchi, pensando così di poter avere la pace. Ci sbagliavamo. Gli uomini bianchi non potevano lasciarci tranquilli. Avremmo potuto vendicarci molte volte dei torti subiti, ma non lo facemmo. Ogni volta che il governo ci ha chiesto aiuto contro altri indiani, non abbiamo mai rifiutato. Quando gli uomini bianchi erano pochi e noi eravamo forti avremmo potuto ucciderli, ma i Nez Percés vogliono vivere in pace.
In base al trattato che altre bande di Nez Percés avevano sottoscritto, l'uomo bianco pretendeva di avere la mia terra. Avevamo problemi con tutti quegli uomini bianchi che premevano lungo i confini. Alcuni erano uomini buoni, e noi vivevamo in pace con loro, ma non tutti erano buoni.
Quasi tutti gli anni veniva l'agente da Lapwai e ci ordinava di ritirarci nella riserva. Abbiamo sempre risposto che stavamo bene nel Wallowa. Stavamo attenti a rifiutare tutti i regali e i compensi che ci offriva. In tutti questi anni, da quando l'uomo bianco arrivò nel Wallowa, siamo stati minacciati e imbrogliati da loro e dal trattato dei Nez Percés.
Non ci concedevano tregua. Avevamo alcuni amici fra gli uomini bianchi ed essi ci hanno sempre consigliato di sopportare i soprusi senza combattere. I nostri giovani sono irruenti per carattere e io ho dovuto penare molto per trattenerli dal compiere azioni affrettate.
Ho portato sulle spalle un grande peso da quando ero solo un ragazzo. Ho imparato che noi eravamo pochi, mentre gli uomini bianchi erano molti, e che non potevamo tenerci quello che era nostro se c’erano loro. Noi eravamo come cervi. Essi erano come orsi grizzly. Noi avevamo una piccola terra. La loro terra era grande. Noi eravamo contenti che le cose rimanessero come sono, come le aveva disposte il Grande Capo Spirito. Essi non volevano così, essi avrebbero cambiato le montagne e i fiumi se non si adattavano alle loro esigenze.

mercoledì, dicembre 16, 2009

Shemà (Primo Levi)



Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.


(da AD ORA INCERTA ma è anche l'epigrafe che apre SE QUESTO E' UN UOMO)

venerdì, dicembre 11, 2009

Sciamanesimo e Druidismo



(da da www.ontanomagico.altervista.org, a cura di Cattia Salto)

Lo sciamanesimo originariamente legato alle culture di cacciatori-raccoglitori si è diffuso quasi ovunque nel mondo e con caratteristiche comuni.
Lo sciamanesimo ha radici molto antiche, come suggeriscono interpretazioni di alcuni graffiti rupestri ritrovate in territorio scandinavo e siberiano.

Lo Sciamanesimo è l’espressione di un modo di vivere e di sentire la natura, diffuso nelle società animiste nelle quali si pensa che i destini degli esseri umani siano decisi da spiriti ultraterreni e ogni elemento del mondo fisico sia animato da un principio vitale, governato da uno spirito regnante.
Gli strumenti classici dello sciamano consistono nel tamburo, maschere, strumenti musicali, cintura di sonagli, statue raffiguranti l’effige degli spiriti verso cui trasmigrare.
Il tamburo in special modo è uno strumento potente, e talvolta la sua membrana viene decorata e dipinta con immagini antropomorfe o zoomorfe, simboli sacri, elementi cosmogonici e della natura come sole, terra, montagne, fiumi.

Lo sciamano è anche il depositario dei saperi di quei popoli oltre che il guaritore. Possiede una conoscenza profonda delle tradizioni, dei miti della comunità. Conosce le canzoni e i metodi di concentrazione. È la persona che maggiormente riesce a vivere in spiritualità con il mondo naturale circostante, conoscendo le regole di equilibrio e armonia. I suoi saperi spaziano dalla mitologia alla medicina.

La caratteristica principale dello sciamano è quella di “viaggiare” in condizioni di estasi nel mondo degli spiriti e di utilizzarne i poteri per il singolo o per l’intera comunità. Le tecniche per far questo sono essenzialmente il sonno estatico (trance mistica) e la trasformazione in animale del proprio spirito (animali psicopompi, trasformazione zoomorfica).

Nella trance si presentano due categorie di segni: i sintomi, cioè l’espressione bruta e non elaborata di un cambiamento, percepito al livello puramente sensibile (tremare, svenire, provare terrore, essere preda di convulsioni, avere lo sguardo fisso, essere paralizzato negli arti, provare insensibilità al dolore, avere tic, disturbi termici, ecc.). Si è perduta ogni forma di coscienza riflessiva, ed in genere non si ha ricordo alcuno dell’esperienza. I comportamenti invece, non sono semplici reazioni, ma atti carichi di valore simbolico, espressione comunque di una cultura e di una società. Si compiono azioni sorprendenti, che denotano sempre un superamento di limiti e barriere, come camminare sulle braci senza provare dolore, trafiggersi il corpo o maneggiare armi ed animali pericolosi. C’è chi piega oggetti e compie gesti acrobatici impossibili nello stato normale, chi guarisce le malattie o vede il futuro, chi incarna una divinità o entra in contatto con i morti. Nella trance si viaggia nel paese degli dei, si parlano lingue sconosciute, o infine, si balla per ore intere o si canta per giorni e notti senza interruzioni. La trance cioè, si presenta sempre come un’esaltazione del proprio io, un intensificarsi di una disposizione fisica e mentale, esprimendosi quasi sempre con un superamento di certi limiti umani (Rouget, 1986).

L’antico Druido incarnava per molti versi il ruolo dello sciamano in funzioni ed attività che l’antropologia culturale moderna ha ampiamente documentato presso varie popolazioni; spesso viene sollevata l’obiezione che presso i druidi il percorso iniziatico facesse parte di un apprendimento codificato in studi che potevano durare per un decennio e che fossero riservati a una classe funzionale; nulla di ciò toglie alle “doti innate” presenti per taluni nello sciamano a prescindere dalla sua iniziazione, e ancor meno alla “benedizione degli Spiriti” che altri attribuiscono alla forte presenza di potere psichico donato.

mercoledì, dicembre 09, 2009

ArcheoDanza



da da www.ontanomagico.altervista.org

di Gabriella Artioli e Alessandro Cirillo


LE DANZE RITUALI DEL MONDO ANTICO

Durante le festività celtiche riti e danze avevano lo scopo di permettere agli esseri della Terra di entrare in contatto con le forze del Cielo.
In occasione di queste feste si ballavano soprattutto danze di “cerchio” e di “fila” che sono tra le più antiche e si ritrovano ancora oggi nei costumi di molte popolazioni europee (ad esempio la danza del palo della cuccagna o la danza macabra).


SAMMHAIN

(conosciuta nelle nostre tradizioni con il nome di Festa delle Lumere) era la festa più solenne dell’anno celtico: oltre ai riti di passaggio nell’anno nuovo, si ballava saltando abbracciati in fila o cerchio, si facevano grandi bevute e si credeva che ai festeggiamenti partecipassero anche gli Antenati. Infatti, i defunti, per la legge dei contrari, apportano la vita rappresentata simbolicamente da dolci tipici e doni, come ancora si tramanda in molte delle nostre regioni.


DANZA DEL LABIRINTO

Tutte le danze di gruppo possono definirsi labirinti, hanno un inizio (entrata), un percorso fatto di molteplici figure più volte ripetute e spesso non hanno una via di uscita se non quella di finire le danza in un momento preciso al termine della musica.
Questo simbolo rappresenta un vero e proprio mistero: compare infatti in luoghi (e con una ampissima diffusione) e tempi diversissimi tra di loro. Il suo significato è un enigma. Alcuni studiosi ritengono che si tratti di un "percorso rituale", confinandolo così nel campo religioso-mistico.

giovedì, dicembre 03, 2009

Il Giorno dell'Orso



da www.ontanomagico.altervista.org

L’orso è un animale con una sua precisa valenza simbolica nell’ambito della cultura celtica.
Magnifica la statuetta bronzea ritrovata nei pressi di Berna e raffigurante la dea Artio. La donna nutre l’orso con la frutta raccolta in un cesto posto accanto a lei, l’orso invece sembra uscire dal bosco (tratteggiato in un albero dallo stile molto moderno), a sottolineare la sua appartenenza al mondo selvaggio della Natura. L’iscrizione non lascia dubbi sul nome della Dea - "Deae Artioni” ossia Alla Dea Artio.
La radice del nome è associata al nome celtico dell’orso, arth, art, artos, era la dea della caccia, dell'abbondanza, degli animali e delle piante, legata ai boschi e alla natura; l’equivalente di Artemide nel Pantheon greco, ma Artemide era anche dea della Luna (la Luna Fanciulla), un ulteriore riferimento all’Orso lunare.

ORSO LUNARE
In genere è presente nel periodo di carnevale, tra l’1 e il 2 di febbraio, quando secondo le credenze popolari l’orso esce dalla tana e, osservando la posizione della luna (plenilunio o novilunio), percepisce se la primavera è in arrivo o meno.
Molte sono le figure e i riti collegate a questo rituale (maschera dell’orso, culto di Sant’Orso e figura dell’uomo selvatico).
In sostanza si tratta di un personaggio mitologico che appartiene all’inizio dell’annata agraria. In genere l’orso è accompagnato da un cacciatore o una figura di domatore, che lo accompagna e lo custodisce portandolo in giro per le vie del paese. La diffusione di questo culto è testimoniata sia nelle pianure che nelle montagne piemontesi, fino a raggiungere le zone della Valle d’Aosta (soprattutto per il culto di Sant’Orso e la maschera dell’Orso).”- da Ricerca Atlas Ires Piemonte.

Secondo la tradizione dell'Europa medioevale alpina nella notte tra il primo e il due di febbraio l'Orso, si risveglia dal suo letargo invernale ed osserva il cielo. Se lo trova "chiaro" (plenilunio) rientra nel suo giaciglio, perché l'invernata durerà ancora quaranta giorni. Se invece il cielo è "scuro" (novilunio), allora l'Orso uscirà dal suo riparo ad annunciare l'inizio della primavera.

In VALLE D’AOSTA vige la tradizione che attribuisce all’orso capacità divinatorie poiché il primo febbraio, festa di Sant’Orso, se il tempo è bello, l’animale metterà ad essiccare la paglia e il fieno che gli serviranno da giaciglio, nella certezza che l’inverno durerà ancora quaranta giorni. Un’altra versione ci dice che se il giorno di Sant’Orso vedrà un bel sole, l’Orso si sveglierà ma si girerà immediatamente dall’altra parte, cambiando fianco, per riaddormentarsi perché l’inverno durerà ancora a lungo; in caso di pioggia nella medesima giornata della Festa, si potrà dire che la primavera non tarderà ad arrivare.

Nelle leggende dei santi capita spesso, che un bravo orso bruno metta a disposizione la sua forza o si accompagni al santo, come un mansueto cagnolino. Tra le leggende dell’arco Alpino, si cita quella di San Romedio. Si narra di Romedio che, volendo recarsi a Trento per un ultimo saluto al suo vescovo Vigilio, chiese ad un suo discepolo di sellargli il cavallo. Questi però tornò indietro terrorizzato raccontando di aver visto un orso che stava sbranando il cavallo. Il vecchio eremita non si spaventò e gli disse tranquillamente di mettere le briglie all’orso. Il discepolo, che di Romedio si fidava ciecamente, tornò indietro e con la dovuta titubanza, avvicinò le briglie all'animale. Questo abbassò la testa e si fece sellare. Il Santo poté così raggiungere Trento cavalcando l'orso. Ricordando questa leggenda nel 1958 il senatore conte Gian Giacomo Gallarati Scotti, membro d'onore del comitato di fondazione del WWF in Italia, comprò un orso chiamato Charlie destinato a morire perché la sua pelle fosse venduta, e lo donò al santuario di San Romedio. Da allora gli Orsi sono di casa nel santuario! (santuario di san Romedio in Val di Non nelle vicinanze di Sanzeno - Trento)

Un tempo si credeva che radere un orso alla fine di gennaio e nei primi di febbraio, avesse la valenza di rinvigorimento dei peli e per trasposizione, la stessa cosa valesse per le piante potate in quel periodo.

Le società di un tempo, compenetrate con la natura, consideravano sacri gli spiriti di alcuni animali, e l’orso è uno di essi, ancora considerato sacro dai popoli artici e subartici.