martedì, settembre 11, 2012

I 30 anni di Nebraska


America Nuda – Bruce Springsteen e i 30 anni di Nebraska

Tra il torrenziale eclettismo di The River e il pop rock vincente di Born In The USA, Bruce Springsteen si concesse una deviazione imprevista, inseguendo la sua musa a scapito del buon senso e di ogni piano di marketing. Trenta anni fa scelse di pubblicare Nebraska nella versione demo, lasciando che i nastri casalinghi registrati con un quattro tracce diventassero il prodotto finito. Si lasciò così spiare dal pubblico nel momento del processo creativo: i suoi appunti, buttati giù in perfetta solitudine e originariamente destinati alla E Street Band, erano già abbastanza forti per farsi strada da soli. Anzi, erano talmente vibranti di vita ed emozione da fargli rifiutare d'istinto ogni ritocco. Bastavano la sua voce – sempre in primo piano, più che mai efficace e duttile, commovente senza alcuna ostentazione – la sua chitarra acustica Gibson J-200, pochi altri strumenti (su tutti spiccano la chitarra elettrica di Open All Night, e l'armonica che traccia i panorami della title track) e qualche sovraincisione.

Oggi il lo-fi è un'attitudine frequente, talora solo un trucco. All'epoca, per una rock star come Bruce, si trattava invece di un grosso rischio, figlio dell'urgenza di esprimersi e del desiderio di affermare la propria individualità, dimostrando di poter fare a meno di una band fenomenale o della scintillante produzione alla Phil Spector che aveva segnato Born To Run.

Springsteen scelse la veste spoglia di Nebraska non per un break-up album o per un'analisi diretta del proprio mondo interiore, ma per guardare invece l'America, e raccontare ancora una volta le sue storie. In Open All Night paragona le strade del New Jersey a un paesaggio lunare, e per tutto l'album l'America sembra una terra immobile, sconfinata e aliena, dove da un momento all'altro la quiete può essere interrotta dalla violenza, dal dramma, o dai disperati sforzi per vivere e resistere tentati dalle sue creature. In Nebraska scorre il sangue, e Springsteen sa districarsi perfettamente tra l'empatia di chi si riconosce nei personaggi che ha creato, e il distacco di chi sa di essersi salvato dalla loro stessa sorte. Schiva tanto la commiserazione quanto il cinismo, semplicemente racconta, una storia dopo l'altra.

In Highway Patrolman c'è Joe Roberts, che fa il poliziotto, e ha un fratello, Franky, un reduce che la guerra ha portato dal lato opposto della legge. “Franky ain't no good”, riflette Joe, e in poche parole rassegnate riassume la sfida invincibile che il destino gli ha assegnato. Inevitabilmente arriva il momento in cui Franky spara a qualcuno, e Joe affronta la propria sconfitta lasciando fuggire Franky oltre confine. È un assassino anche il protagonista di Johnny 99, spinto a uccidere da una crisi economica che rende pazzi, e condannato a 99 anni di prigione, tanto da fargli invocare la pena di morte. Sulla sedia elettrica finisce Charles Starkweather, voce narrante della title track, che a soli diciott'anni, accompagnato dalla tredicenne Caril, uccide dieci persone: una terribile storia vera raccontata anche dal film Badlands/La rabbia giovane. “Per un po', signore, io e lei ci siamo divertiti”, riflette Charles, prima di arrivare alla sua morale contorta: “Volevano sapere perché ho fatto quel che ho fatto. Beh, signore, immagino che al mondo non ci sia altro che cattiveria”.

Misfatti poco chiari aleggiano nei due episodi più potenti dell'album. Il protagonista di Atlantic City, terrorizzato dall'idea di diventare un perdente, sceglie di avere a che fare col mondo del crimine dietro al gioco d'azzardo, e accetta di fare un lavoretto sporco per qualcuno. Ovviamente, prendersi un rischio simile equivale a condannarsi da soli, ma la disfatta è implicita, evocata dalla musica, non c'è nemmeno bisogno di infierire.

L'uomo solitario che guida la sua auto in State Trooper schiaccia il piede sul pedale e pensa: “La mia coscienza è chiara, so le cose che ho fatto. Signor poliziotto, per favore non mi fermi”. La pulsazione ossessiva, ispirata dai ritmi dei Suicide, lascia bene intendere come anche questa corsa sia senza speranza. Springsteen non è mai stato tanto cupo nei suoi testi, nemmeno nella feroce introspezione di Darkness On The Edge Of Town. Aspettarsi un destino diverso per certe “vittime di questo mondo” forse non è diverso dall'illusione di chi, all'inizio di Reason To Believe, continua a pungolare un cane morto con un bastone, aspettandosi che prima o poi dia qualche segno di vita. Nemmeno il passato può consolare: la visione in un sogno della casa paterna, in My Father's House, è un richiamo che porta a confrontarsi con una realtà inesorabile: “Mi spiace, figliolo, qui non abita più nessuno con quel nome”.

Già con Born In The USA, Springsteen avrebbe ricominciato a fare entrare la luce anche nelle sue storie più cupe. Nebraska rimane però ancora oggi, trenta anni dopo la sua pubblicazione, un momento imprescindibile del suo percorso artistico, un disco volutamente unico, conficcato come un coltello a serramanico nel cuore degli anni Ottanta.


(da http://www.gibson.com)

3 commenti:

Matteo ha detto...

Fantastico articolo.
Ho comprato Nebraska a Londra, la prima volta che l'ho ascoltato, su un treno bloccato dalla neve, ho subito capito che sarebbe diventato uno dei miei dischi preferiti.
Credo che la sua forza stia proprio nella semplicità, in quello che possono dare una vecchia Gibson, un multitraccia, un'armonica e un uomo solo con se stesso.
Le tematiche affrontate sono poi peculiari del Boss, storie di emarginazione e di violenza, dove non sembra esserci spazio per la redenzione e la speranza.
Temi che Bruce affronterà anche in Tom Joad e Devils and dust dove questa volta i reduci saranno di una nuova guerra in Iraq, ma inseguiti dagli stessi demoni dei veterani del Vietnam, non a caso album acustici e intimisti, non a caso i miei tre suoi preferiti.
Anni dopo ho visto Badlands e davvero il boss è riuscito a rendere in musica la banalità del male, l'indifferenza con cui il protagonista uccide le sue vittime e con cui viene giustiziato. Higway Patrolman con il fratello "buono" poliziotto che lascia scappare il fratello omicida, Atlantic City e la sua disperazione, My father's house con il terribile finale sono cartoline che mi porto nel cuore, anzi vado a riascoltarmelo adesso!

Druido Lòmion Aldaron ha detto...

Concordo con te... capolavoro assoluto.. il 22 riproponilo x intero..! io sarei felicissimo.. gli altri invitati non so.. hahahah.. ciaoo! g.

Matteo ha detto...

Lo farei volentieri, al prossimo (non tuo) lo farò!eh he he eh!!!!
PS Vèstiti da Druido!!!!