lunedì, maggio 23, 2011

L'Inferno dentro

Il reportage di Nicola Gronchi, fotografo di Shoot4Change, racconta la storia del manicomio di Volterra, diventato tristemente “famoso”, dopo la sua chiusura, per i graffiti di Nannetti Oreste Fernando. 180 metri di muro esterno in cui NOF4, come lui stesso si firmava, ha inciso nei lunghi anni di degenza un’opera enciclopedica di sentimenti, biografie e crimini subiti e testimoniati. Parole, poesie, disegni scavati nella pietra gialla con la fibbietta del gilet della divisa dei matti reclusi. Questo lavoro rappresenta una cruda testimonianza e uno spunto di riflessione su Franco Basaglia, psichiatra e neurologo italiano che si è battuto per la chiusura, nel 1978, dei manicomi in Italia. L'Ospedale psichiatrico di Volterra, nato nel 1888, conobbe negli anni cinquanta e sessanta, un vasto sviluppo tale da essere considerato, fino alla famosa legge Basaglia del 1978, uno dei manicomi più grandi d’Italia con oltre 100 mila metri cubi di volume. “Andare a Volterra” significava spesso finire internati nell'Ospedale Psichiatrico Ferri, una struttura composta da tre edifici principali in cui trovarono ricovero anche 6000 persone contemporaneamente, con un numero di 20 lavandini e 2 gabinetti ogni 200 degenti: un vero e proprio inferno sulla terra, in cui si poteva essere rinchiusi ai primi sintomi di depressione, di presunta schizofrenia o anche per accuse politiche o di morale. Trattamenti a base di scariche elettriche, coma indotto con insulina e tutto un prontuario di pillole e veleni somministrati per “testare” i risultati ignorando completamente le conseguenze spesso irreversibili sui pazienti scelti per tale trattamento. Attualmente (2011) la struttura è in un profondo, tragico e inquietante processo di totale abbandono e il camminare in quei luoghi, in quelle stanze trasmette un infinito senso di rabbia e impotenza, sentimenti che insieme alla solitudine venivano sicuramente percepiti dai pazienti rinchiusi in un inferno senza tempo.

martedì, maggio 17, 2011

Pripyat


(articolo tratto da http://viaggi.libero.it/)

La città fantasma ucraina

C'era una volta una città pensata per ospitare i lavoratori di Cernobyl. E oggi che cosa rimane? Scoprite con noi i segreti di Pripyat.

I suoi lavori di costruzione iniziarono appena quarant’anni fa, esattamente il 4 febbraio 1970: nacque con le intenzioni di accogliere i lavoratori ed i costruttori della centrale nucleare di Chernobyl, con le loro relative famiglie. La qualità della vita qui era alta, rispetto al resto dell’Unione Sovietica: nel 1986 si contavano circa 47mila abitanti. Prima dell’abbandono definitivo in seguito al disastro nucleare: il 26 aprile 1986 si verifica il più grave incidente nucleare della storia.
Qui tutto era moderno e funzionale: due ospedali, di cui uno pediatrico, due hotel, un centro commerciale, tanti ristoranti, bar, cinema, teatro, piscina coperta ed aiuole. Tante aiuole, tanto da essere stata battezzata come la Città dei fiori. La città è attualmente completamente disabitata: tutto è fermo a quel mese di aprile, quando l’uomo si è distrutto con le sue stesse mani.

Tutto è come allora: macchine da scontro, bambole abbandonate per strada, case completamente arredate, armadi pieni, tavole apparecchiate e fotografie sparse per gli uffici. Come nel peggiore dei film del terrore. Gli abitanti lasciarono la città con la convinzione che la loro sarebbe stata un’assenza temporanea, un massimo di tre settimane, a causa di "un lieve incidente" avvenuto alla Centrale elettronucleare, come in prima battuta venne loro detto. Il resto è storia.

Eppure qui vive ancora un gruppo esiguo di persone che ha voluto riappropriarsi delle proprie case a costo della propria vita. O di quel che ne è rimasto. E vivono tra edifici pericolanti e alimenti radioattivi, strade a rischio di crollo e la puzza di morte urbana che si respira in ogni angolo della città. Insieme ad animali selvatici che si sono impadroniti della zona e che sono sottoposti ad i venti radioattivi che si diffondono ancora per intere miglia.

Dalle strade asfaltate fuoriescono piante ed alberi, i supermercati ancora pieni emanano odori di muffe, l’acqua dei torrenti è contaminata. Il parco giochi, allestito per i festeggiamenti del primo maggio, è la zona più radioattiva, essendo la zona più vicina a Chernobyl. Qui il vento portò le prime particelle radioattive, giunte qui dopo aver distrutto la foresta in poche ore, soprannominata Foresta Rossa per il colore che assunse a causa della contaminazione. Si calcola che le radiazioni rimarranno nell’area per circa 48mila anni. E che la zona potrà essere nuovamente abitata tra circa 600 anni. Nella speranza che l’uomo inizi ad imparare dai propri errori.


venerdì, maggio 06, 2011

Quando mi vieni a prendere ?


Anche se non amo particolarmente Luciano Ligabue devo ammettere che questa canzone del suo ultimo disco, del 2010, "Arrivederci, Mostro!" è veramente emozionante... secondo me, leggendo il testo, ti distrugge anima e corpo... parla di un orribile fatto accaduto in un asilo belga, a Dendermonde, quando il 23/01/2009 un adolescente fece irruzione vestito da Joker e uccise alcuni bimbi e una maestra... Ligabue descrive la tragedia dal punto di vista di uno dei piccoli... mamma mia...


"Mia madre che ha insistito che facessi colazione
e sa che la mattina il mio stomaco si chiude
ho finto di esser stanco, ho finto di star male
lei non ci casca più e io non schivo più l’asilo

In macchina si è messa a cantarmi una canzone
è sempre molto bella
anche se oggi non mi tiene
Il latte viene su
e mi comincio a preoccupare
che in mezzo a tutti gli altri
mi vergogno a vomitare

Quando mi vieni a prendere?
Quando finisce scuola?
Quando torniamo ancora insieme a casa?
Quando mi vieni a prendere?
Dammi la tua parola.
Quando giochiamo insieme a qualche cosa?

E la maestra oggi
sembra molto più nervosa
non so se è colpa nostra
o se sente chissà cosa
un paio di noi altro le fanno sempre fare il pieno
e io vorrei soltanto
che non mi stessero vicino

e poi è stato come quando tolgono la luce
e la maestra urlava come con un’altra voce.
Se non stiamo buoni arriva forse l’uomo nero
io prima ho vomitato e lui adesso è qui davvero

Quando mi vieni a prendere?
Quando finisce scuola?
Quando torniamo ancora insieme a casa?
Quando mi vieni a prendere?
Dammi la tua parola.
Vieni un po' prima fammi una sorpresa

L'uomo nero forse è qui
perchè ci vuol mangiare
non vedo la forchetta
ma il coltello può bastare
ti chiedo scusa mamma se ti ho fatta un po' arrabbiare
ma fai fermare tutto
che ho capito la lezione
e tu e papà che litigate spesso sul futuro
e io che sempre chiedo
ma il futuro che vuol dire

e l'uomo nero gioca
e questo gioco quanto dura
forse dopo questo gioco
avrò meno paura

Quando mi vieni a prendere?
Quando finisce scuola?
Quando torniamo ancora insieme a casa?
Quando mi vieni a prendere?
Dammi la tua parola.
Ti devo chiedere un'altra volta scusa

e la maestra adesso è sdraiata e sta dormendo
i miei amici urlano, qualcuno sta ridendo
ci sono le sirene e sono sempre più vicine
che giochi enormi che sa organizzare l’uomo nero
i miei amici ora stanno solamente urlando
e tutti quanti insieme
è proprio me che stan guardando
ma non ho scelto io di stare qui con l'uomo nero
appena lui mi lascia
è con voi che voglio stare

Quando mi vieni a prendere?
Quando finisce scuola?
Quando torniamo ancora insieme a casa?
Quando mi vieni a prendere?
Dammi la tua parola.
Vieni un po’ prima
fammi una sorpresa".


(Luciano Ligabue)

giovedì, maggio 05, 2011

Agli amici


Cari amici, qui dico amici
Nel senso vasto della parola:
Moglie, sorella, sodali, parenti,
Compagne e compagni di scuola,
Persone viste una volta sola
O praticate per tutta la vita:
Purché fra noi, per almeno un momento,
Sia stato teso un segmento,
Una corda ben definita.

Dico per voi, compagni d’un cammino
Folto, non privo di fatica,
E per voi pure, che avete perduto
L’anima, l’animo, la voglia di vita:
O nessuno, o qualcuno, o forse un solo, o tu
Che mi leggi: ricorda il tempo,
Prima che s’indurisse la cera,
Quando ognuno era come un sigillo.
Di noi ciascuno reca l’impronta
Dell’amico incontrato per via;
In ognuno la traccia di ognuno.
Per il bene od il male
In saggezza o in follia
Ognuno stampato da ognuno.
Ora che il tempo urge da presso,
Che le imprese sono finite,
A voi tutti l’augurio sommesso
Che l’autunno sia lungo e mite.

16 dicembre 1986


(II vol. delle Opere di Primo Levi, Torino, Einaudi, 1988)