martedì, agosto 20, 2013

Ritorno ai Nirvana - La riedizione di "In Utero"

Il terzo album della band, che seguì il clamoroso successo di "Nevermind", riesce 20 anni dopo, rimasterizzato. Lo presenta Krist Novoselic, ex bassista del gruppo mito anni '90: "È il nostro omaggio a Kurt"

di GIUSEPPE VIDETTI

Tre album per entrare nella storia del rock e metterla a soqquadro. Un colpo di fucile per restarci da martire. La storia dei Nirvana è stata fulminante, la loro musica ancora esplosiva. Al suo potere si è inchinato anche Paul McCartney, che a luglio ha chiamato sul palco di un concerto a Seattle i due superstiti Krist Novoselic e Dave Grohl (insieme a Pat Smear, il chitarrista che accompagnò l'ultimo tour dei Nirvana) per eseguire Helter skelter. Le canzoni sono diventate il sudario di Kurt Cobain, il messaggio è andato ben oltre la grunge generation. Si suicidò il 5 aprile del 1994, a 27 anni; In utero, il terzo album della band, era stato pubblicato sei mesi prima.

Per celebrarne il ventennale il 23 settembre esce una versione deluxe in tre cd con inediti - oltre settanta brani rimixati - e il video integrale del concerto Live and Loud che i Nirvana tennero il 13 dicembre del 1993 al Pier 48 di Seattle. Doveva essere il disco della redenzione, fu quello della dannazione; la mission impossible di Kurt Cobain - ristabilire la credibilità indie dei Nirvana dopo l'exploit da trenta milioni di copie di Nevermind. Una decisione che, come ha confessato il produttore Steve Albini, generò una spaventosa pressione dell'industria che mandò in tilt il fragile sistema del leader. Lo conferma anche Krist Novoselic, ex bassista dei Nirvana: "Kurt ha pagato per tutti. La riedizione di In utero è anzitutto un tributo a lui, un artista puro, mai presuntuoso, mai supponente. La prima cosa che abbiamo pensato è dare ai fan materiali inediti, li aspettano da vent'anni. Nella confezione c'è anche un dvd con le riprese di un intero concerto in HD".

Cosa rende la vostra musica ancora così attuale?
 "Tutto merito di quell'artista visionario che era Kurt Cobain. Insieme a lui cercammo di parlare la stessa lingua di una generazione. Non ci rendemmo conto del peso che le nostre canzoni avevano fin quando non cominciammo a confrontarci con il pubblico; un'infinità di ragazzi veniva a raccontarci quanto e quale importanza avessero quelle canzoni sulla loro giornata, sulle loro vite e persino sulle loro estati. Era come se il grunge avesse spazzato via l'idea delle vacanze a base di tormentoni. "Siete voi la nostra colonna sonora", ci dicevano. Così capimmo che i nostri dischi non solo creavano una sorta di rapporto intimo tra noi e i fan ma anche tra i ragazzi. Un fenomeno non facile da spiegare, non ci riusciva neanche Kurt, non era facile per lui sopportare il peso di quella responsabilità".

Che fase stavano attraversando i Nirvana nel 1993, quando entraste in studio per incidere In utero? 
"Kurt era devastato dai problemi personali. Ci riunimmo tutti a Seattle nel tentativo di trovare una via d'uscita attraverso la musica. La sua idea era di recuperare a tutti i costi il suono dei primi Nirvana, per questo ci rinchiudemmo in uno studio isolato del Minnesota, irraggiungibili da chiunque, tutt'intorno solo neve e animali (era febbraio). In utero vide la luce in quella specie di Siberia inospitale. Kurt non mollava, aveva in mente di trasformare la pop band che eravamo diventati con Nevermind in un "vero" gruppo rock - un percorso all'inverso difficile e doloroso. La prima canzone che registrammo, Serve the servants, è una sorta di manifesto di questo pensiero".

Se ne parlò moltissimo all'epoca; la band - Kurt soprattutto - non era soddisfatta del suono di Nevermind.
 "Nevermind diventò il figlio della colpa, messo in croce perché ci aveva trasformato in un gruppo troppo famoso. Io non ero del tutto d'accordo con Kurt; è vero, è un album più raffinato, ma ci sono tanti dischi raffinati che adoro. Per me Nevermind resta un disco importantissimo, e non solo per il successo che ha avuto, ma per il valore intrinseco che gli riconosco. Ovvio che In utero è una creatura diversa, il mostro creato per distruggere il mostro. Oggi, riascoltandoli, li trovo entrambi entusiasmanti".

A quel punto della vostra carriera eravate il gruppo di punta non solo del grunge ma del rock contemporaneo; era difficile conciliare i bisogni della band con quelli di un'anima fragile e uno spirito irriducibile come Kurt? 
"C'era uno squilibrio all'interno dei Nirvana che rendeva le cose anche più difficili di quanto si immagini. Era sempre e solo Kurt a subire il peso della pressione che si scatenò sulla band dopo Nevermind, da parte del pubblico e dell'industria. Era lui il cantante, il frontman, l'autore delle canzoni e ormai anche un simbolo. Dall'altra parte della barricata non c'era il paradiso, ma un altro inferno causato dai molti problemi personali che lo assillavano".

Onestamente, lei crede che dopo il trionfo di Nevermind i Nirvana avrebbero potuto recuperare quella purezza che Cobain vagheggiava? 
"A livello di suono ci riuscimmo. Quando riascoltammo In utero, alla fine delle due settimane in Minnesota, il risultato era decisamente quello che ci eravamo prefissi. Nel disco non c'erano concessioni commerciali. Dopo molte insistenze da parte della casa discografica, rimixammo solo un paio di canzoni. Ma al di là di questo, In utero è un disco purissimo e realizzato senza interferenza alcuna, e soprattutto come se Nevermind non fosse mai esistito. Noi eravamo ben consapevoli che la grandezza di Kurt come autore era indissolubilmente legata al suo malessere e alla sua disperazione; ed era lui che i fan adoravano".

Questo è il punto: quanto può essere pericoloso per un artista diventare l'idolo (e nel caso di Cobain il martire) di una generazione? 
"Sono vent'anni che ci penso e non ho ancora trovato la risposta. La verità è che noi cominciammo a suonare perché non sapevamo fare altro, avevamo 20 anni, il rock era la nostra vita e la nostra religione. Quello che è successo non è dipeso dalla nostra volontà, quindi suppongo che un artista diventi un simbolo anche senza volerlo. Una cosa è certa, quando ci sei dentro la pressione può essere micidiale". 


(articolo tratto da http://www.repubblica.it/spettacoli/musica)