giovedì, dicembre 20, 2012

giovedì, novembre 29, 2012

Victoria's Secret si scusa con la comunità dei nativi americani


Dopo lo show in grande stile che ha visto sfilare anche la popstar Rihanna, Victoria's Secret chiede scusa per aver offeso la comunità dei nativi americani. Pietra dello scandalo uno dei capi di lingerie portati in passerella che prevedeva come accessorio con un copricapo di piume tipico dei nativi americani. L'outfit era stato criticato come irrispettoso nei confronti della cultura e della storia degli indiani d'America. L'azienda si è dichiarata dispiaciuta e ha assicurato che il modello non sarà più mostrato in nessuna promozione.  "Non avevamo assolutamente nessuna intenzione di offendere nessuno", ha detto la società.


(da http://affaritaliani.libero.it/)

domenica, ottobre 28, 2012

Amore, vola da me con l'aeroplano di carta della mia fantasia



Amore,
vola da me
con l'aeroplano di carta
della mia fantasia,
con l'ingegno del tuo sentimento.
Vedrai fiorire terre piene di magia
e io sarò la chioma d'albero più alta
per darti frescura e riparo.
Fa' delle due braccia
due ali d'angelo
e porta anche a me un po' di pace
e il giocattolo del sogno.
Ma prima di dirmi qualcosa
guarda il genio in fiore
del mio cuore.



Alda Merini, da "Alla tua salute, amore mio"
 

martedì, settembre 11, 2012

I 30 anni di Nebraska


America Nuda – Bruce Springsteen e i 30 anni di Nebraska

Tra il torrenziale eclettismo di The River e il pop rock vincente di Born In The USA, Bruce Springsteen si concesse una deviazione imprevista, inseguendo la sua musa a scapito del buon senso e di ogni piano di marketing. Trenta anni fa scelse di pubblicare Nebraska nella versione demo, lasciando che i nastri casalinghi registrati con un quattro tracce diventassero il prodotto finito. Si lasciò così spiare dal pubblico nel momento del processo creativo: i suoi appunti, buttati giù in perfetta solitudine e originariamente destinati alla E Street Band, erano già abbastanza forti per farsi strada da soli. Anzi, erano talmente vibranti di vita ed emozione da fargli rifiutare d'istinto ogni ritocco. Bastavano la sua voce – sempre in primo piano, più che mai efficace e duttile, commovente senza alcuna ostentazione – la sua chitarra acustica Gibson J-200, pochi altri strumenti (su tutti spiccano la chitarra elettrica di Open All Night, e l'armonica che traccia i panorami della title track) e qualche sovraincisione.

Oggi il lo-fi è un'attitudine frequente, talora solo un trucco. All'epoca, per una rock star come Bruce, si trattava invece di un grosso rischio, figlio dell'urgenza di esprimersi e del desiderio di affermare la propria individualità, dimostrando di poter fare a meno di una band fenomenale o della scintillante produzione alla Phil Spector che aveva segnato Born To Run.

Springsteen scelse la veste spoglia di Nebraska non per un break-up album o per un'analisi diretta del proprio mondo interiore, ma per guardare invece l'America, e raccontare ancora una volta le sue storie. In Open All Night paragona le strade del New Jersey a un paesaggio lunare, e per tutto l'album l'America sembra una terra immobile, sconfinata e aliena, dove da un momento all'altro la quiete può essere interrotta dalla violenza, dal dramma, o dai disperati sforzi per vivere e resistere tentati dalle sue creature. In Nebraska scorre il sangue, e Springsteen sa districarsi perfettamente tra l'empatia di chi si riconosce nei personaggi che ha creato, e il distacco di chi sa di essersi salvato dalla loro stessa sorte. Schiva tanto la commiserazione quanto il cinismo, semplicemente racconta, una storia dopo l'altra.

In Highway Patrolman c'è Joe Roberts, che fa il poliziotto, e ha un fratello, Franky, un reduce che la guerra ha portato dal lato opposto della legge. “Franky ain't no good”, riflette Joe, e in poche parole rassegnate riassume la sfida invincibile che il destino gli ha assegnato. Inevitabilmente arriva il momento in cui Franky spara a qualcuno, e Joe affronta la propria sconfitta lasciando fuggire Franky oltre confine. È un assassino anche il protagonista di Johnny 99, spinto a uccidere da una crisi economica che rende pazzi, e condannato a 99 anni di prigione, tanto da fargli invocare la pena di morte. Sulla sedia elettrica finisce Charles Starkweather, voce narrante della title track, che a soli diciott'anni, accompagnato dalla tredicenne Caril, uccide dieci persone: una terribile storia vera raccontata anche dal film Badlands/La rabbia giovane. “Per un po', signore, io e lei ci siamo divertiti”, riflette Charles, prima di arrivare alla sua morale contorta: “Volevano sapere perché ho fatto quel che ho fatto. Beh, signore, immagino che al mondo non ci sia altro che cattiveria”.

Misfatti poco chiari aleggiano nei due episodi più potenti dell'album. Il protagonista di Atlantic City, terrorizzato dall'idea di diventare un perdente, sceglie di avere a che fare col mondo del crimine dietro al gioco d'azzardo, e accetta di fare un lavoretto sporco per qualcuno. Ovviamente, prendersi un rischio simile equivale a condannarsi da soli, ma la disfatta è implicita, evocata dalla musica, non c'è nemmeno bisogno di infierire.

L'uomo solitario che guida la sua auto in State Trooper schiaccia il piede sul pedale e pensa: “La mia coscienza è chiara, so le cose che ho fatto. Signor poliziotto, per favore non mi fermi”. La pulsazione ossessiva, ispirata dai ritmi dei Suicide, lascia bene intendere come anche questa corsa sia senza speranza. Springsteen non è mai stato tanto cupo nei suoi testi, nemmeno nella feroce introspezione di Darkness On The Edge Of Town. Aspettarsi un destino diverso per certe “vittime di questo mondo” forse non è diverso dall'illusione di chi, all'inizio di Reason To Believe, continua a pungolare un cane morto con un bastone, aspettandosi che prima o poi dia qualche segno di vita. Nemmeno il passato può consolare: la visione in un sogno della casa paterna, in My Father's House, è un richiamo che porta a confrontarsi con una realtà inesorabile: “Mi spiace, figliolo, qui non abita più nessuno con quel nome”.

Già con Born In The USA, Springsteen avrebbe ricominciato a fare entrare la luce anche nelle sue storie più cupe. Nebraska rimane però ancora oggi, trenta anni dopo la sua pubblicazione, un momento imprescindibile del suo percorso artistico, un disco volutamente unico, conficcato come un coltello a serramanico nel cuore degli anni Ottanta.


(da http://www.gibson.com)

martedì, agosto 28, 2012

R.I.P.


Cavalli corpi e lance rotte
si tingono di rosso,
lamenti di persone che muoiono da sole
senza un Cristo che sia là.

Pupille enormi volte al sole
la polvere e la sete
l'affanno della morte lo senti sempre addosso
anche se non saprai perchè.

Requiescant in pace. Requiescant in pace. Requiescant in pace. Requiescant in pace.

Su cumuli di carni morte
hai eretto la tua gloria
ma il sangue che hai versato su te è ricaduto
la tua guerra è finita
vecchio soldato.

Ora si è seduto il vento
il tuo sguardo è rimasto appeso al cielo
sugli occhi c'è il sole

nel petto ti resta un pugnale
e tu no, non scaglierai mai più

la tua lancia per ferire l'orizzonte
per spingerti al di là

per scoprire ciò che solo Iddio sa
ma di te resterà soltanto

il dolore, il pianto che tu hai regalato
per spingerti al di là
per scoprire ciò che solo Iddio sa.

Per spingerti al di là,
per scoprire ciò che solo Iddio sa...





"Banco del mutuo soccorso", 1972, il cosiddetto salvadanaio

(musica: V. Nocenzi / testo: F. Di Giacomo, V. Nocenzi)

Ascolta R.I.P.

venerdì, agosto 17, 2012

Le 10 copertine più belle della storia del rock



Secondo la rivista Rolling Stone, le copertine dei dischi più belle sono queste...
partiamo dalla decima posizione:

10. The Velvet Underground, 'The Velvet Underground & Nico'
09. Pink Floyd, 'Wish You Were Here'
08. Bruce Springsteen, 'Born To Run'
07. The Beatles, 'Revolver'
06. The Rolling Stones, 'Sticky Fingers'
05. The Clash, 'London Calling'

...e per un soffio fuori dal podio, ancora loro...

04. The Beatles, 'Abbey Road'

... ed ora il podio...

03. Nirvana, 'Nevermind' (il disco più recente dei dieci in classifica, datato 1991)
02. Pink Floyd - Dark Side Of The Moon

...e al primo posto... sempre loro...

01. The Beatles, 'Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band'


Clicca qui per vedere le immagini di tutte le copertine in classifica (dal sito di Rolling Stone)

Io sono sostanzialmente d'accordo con la classifica.. anche se magari avrei aggiunto almeno un album di Neil Young... Tipo il classicissimo Harvest oppure il malinconico On The Beach (vedi sotto)... ma vabbè... sempre splendide copertine..!



Elvis Presley, i fan ricordano il mito di Memphis a 35 anni dalla morte






Ogni anno, il 16 agosto, migliaia di fan di Elvis Presley si recano a Graceland in Tennessee per rendere omaggio al re del rock'n roll. Ma quest'anno è una ricorrenza speciale perché ricorrono i 35 anni dalla sua morte e i 30 anni dall'apertura di Graceland. E Memphis si è preparata a celebrarli in grande stile. (ansa)





(da http://www.repubblica.it)

lunedì, agosto 06, 2012

Contro il dolore


E' difficile compito di ogni uomo diminuire per quanto puo' la tremenda mole di questa "sostanza" che inquina ogni vita, il dolore in tutte le sue forme; ed è strano, ma bello, che a questo imperativo si giunga anche a partire da presupposti radicalmente diversi.





[Da Primo Levi, L'altrui mestiere]





venerdì, luglio 06, 2012

Brick the LP




Aaron Savage, designer e fotografo inglese, si è di recente cimentato nel ricreare molte famose cover di LP Pop e Rock ricostruendole con i Lego.. ecco alcune delle migliori..


Ed ecco qui sotto il link al suo sito con tutte le cover...
Brick the LP



giovedì, giugno 28, 2012

La morte è la curva della strada


La morte è la curva della strada,
morire è solo non essere visto.
Se ascolto, sento i tuoi passi
esistere come io esisto.
La terra è fatta di cielo.
Non ha nido la menzogna.
Mai nessuno s'è smarrito.
Tutto è verità e passaggio.



(F. Pessoa)

sabato, maggio 05, 2012

Il Canto dell'Odio

 

Quando tu dormirai dimenticata sotto la terra grassa 
E la croce di Dio sarà piantata ritta sulla tua cassa
Quando ti coleran marce le gote entro i denti malfermi
E nelle occhiaie tue fetenti e vuote brulicheranno i vermi
Per te quel sonno che per altri è pace sarà strazio novello
E un rimorso verrà freddo, tenace, a morderti il cervello. 
Un rimorso acutissimo ed atroce verrà nella tua fossa 
A dispetto di Dio, della sua croce, a rosicchiarti l'ossa. 
Io sarò quel rimorso. Io te cercando entro la notte cupa, 
La mia che fugge il dì, verrò latrando come latra una lupa;
 Io con quest'ugne scaverò la terra per te fatta letame 
E il turpe legno schioderò che serra la tua carogna infame. 
Oh, come nel tuo core ancor vermiglio sazierò l'odio antico, 
Oh, con che gioia affonderò l'artiglio nel tuo ventre impudico! 
Sul tuo putrido ventre accoccolato io poserò in eterno, 
Spettro della vendetta e del peccato, spavento dell'inferno: 
Ed all'orecchio tuo che fu sì bello sussurrerò implacato 
Detti che bruceranno il tuo cervello come un ferro infocato.
 Quando tu mi dirai: perché mi mordi e di velen m'imbevi? 
Io ti risponderò: non ti ricordi che bei capelli avevi? 
Non ti ricordi dei capelli biondi che ti coprian le spalle 
e degli occhi nerissimi, profondi, pieni di fiamme gialle? 
E delle audacie del tuo busto e della opulenza dell'anca? 
Non ti ricordi più com'eri bella, provocatrice e bianca? 
Ma non sei dunque tu che nudo il petto agli occhi altrui porgesti
 E, spumante Liscisca, entro al tuo letto passar la via facesti? 
Ma non sei tu che agli ebbri ed ai soldati spalancasti le braccia, 
Che discendesti a baci innominati e a me ridesti in faccia? 
 Ed io t'amavo, ed io ti son caduto pregando innanzi e, 
vedi, quando tu mi guardavi, avrei voluto morir sotto a' tuoi piedi. 
Perché negare - a me che pur t' amavo - uno sguardo gentile, 
quando per te mi sarei fatto schiavo, mi sarei fatto vile? 
 Perché m'hai detto no quando carponi misericordia chiesi,
 e sulla strada intanto i tuoi lenoni aspettavan gl'Inglesi?
 Hai riso? Senti! Dal sepolcro cavo questa tua rea carogna, 
nuda la carne tua che tanto amavo l'inchiodo sulla gogna,
 E son la gogna i versi ov'io ti danno al vituperio eterno, 
a pene che rimpianger ti faranno le pene dell'inferno. 
Qui rimorir ti faccio, o maledetta, piano a colpi di spillo, 
e la vergogna tua, la mia vendetta tra gli occhi ti sigillo.



(di Olindo Guerrini, noto con gli pseudonimi di «Lorenzo Stecchetti», «Argia Sbolenfi», «Marco Balossardi», «Giovanni Dareni», «Pulinera», «Bepi» e «Mercutio»)

mercoledì, aprile 04, 2012

Lou Reed: io, Warhol e i miei settant'anni



Nel giorno del suo compleanno intervista esclusiva a una leggenda del rock
"Sono fortunato, mi reggo ancora sulle mie gambe"



NEW YORK - l divo del rock che camminava sul lato selvaggio della vita a settant'anni ha ancora gli incubi di un debuttante qualsiasi. "Mi trovo nel deserto: e ho dimenticato le scarpe. Sono sull'autobus: e ho dimenticato la chitarra. Finalmente arrivo al concerto: ed è già tutto finito. Ecco, questo è il più ricorrente".

Ecco, questo è Lou Reed. L'ex ragazzo che a quattordici anni visse l'orrore dell'electroshock, per superare quelle che allora chiamavano "turbe omosessuali", il 2 marzo ha compiuto settant'anni, ma la moglie Laurie Anderson ("L'artista più geniale che conosca: ma forse sono un po' di parte") ha dovuto organizzargli una festa a sorpresa per superare la ritrosia a festeggiare il Big Birthday. Una carriera lunga e provocatoria come il vero rock: dai Velvet Underground fondati da Andy Warhol ai Metallica snobbati dai critici, che lui solo poteva portare a reinterpretare insieme Lulu, il capolavoro espressionista di Frank Wedekind. "E i loro fan ora mi odiano" dice nell'ufficio-studio nel cuore del West Village, muri a vista e parquet ("Niente scarpe, please"), le chitarre in un angolo e il mega-iMac da 22 pollici nell'altro. "Pazzesco: mi odiano - devono avere il quoziente intellettuale di una sedia".

Lou Reed ha settant'anni: e come si sente?
"Fortunato. Non mi muovo con la sedia a rotelle e posso alzarmi da solo sulle mie gambe".

Woody Allen dice che quando si guarda allo
specchio rivede lo stesso ventenne.
"Abbastanza vero: anche per me. Del resto l'Oscar per la sceneggiatura l'ha preso lui: lasciamogli la battuta".

Segue il cinema? La sua prima e ultima volta in un film è stato Blue in the Face di Paul Auster: diciotto anni fa.
"Veramente io volevo fare l'attore".

E perché ha cambiato idea?
"Perché ho sempre avuto una cattiva memoria. E non pensavo di essere bravo abbastanza. Così ho cominciato a scrivermi i miei monologhi in musica: piccole commedie con me come protagonista".

I Velvet Underground sembrano il frutto del matrimonio segreto tra Bob Dylan e il marchese de Sade. Chi l'ha detto?. Richard Goldstein, lo storico reporter dei diritti gay, New York Magazine, 1967. Ma senta quest'altra: "Tre mesi prima di Sgt. Pepper's, i Velvet Underground hanno chiuso il gap tra il rock e l'avanguardia". E questo è Alex Ross, 2010, l'acclamatissimo critico del New Yorker. Quale definizione sceglie.
"Non ci penso proprio. Paragoni e confronti non mi piacciono. Solo i giornalisti lo fanno. Ti danno i voti: come a scuola".

Questa fama di non sopportare i giornalisti: ma non ha studiato giornalismo? Lo scrivono tutte le biografie...
"Ho studiato scrittura. Regia".

Niente giornalismo.
"Appena un semestre: e ne ho avuto abbastanza. Ti insegnavano come esporre tutte le informazioni all'inizio dell'articolo. Dicevano: le opinioni tenetele per voi. Mollato subito. Ma non credo che la categoria abbia sentito la mia mancanza".

Però lei col giornalismo, una volta famoso, ci ha comunque provato: è vero che una celebre rivista le rifiutò un articolo?
"Come no: Rolling Stone. Volevano fare qualche correzione. E io: voi volete fare qualche correzione a me?".

Magari qualche suggerimento.
"Qualche suggerimento, certo: ma io non voglio suggerimenti. Dicono che ti correggono la grammatica e tutt'a un tratto suoni come chiunque altro. Quando Andy Warhol fondò Interview le interviste erano tutte piene di "Oh!", "Uh!", "Ah!". Lui voleva che si scrivesse come la gente parla davvero".

Andy Warhol è il suo eroe.
"Io non ho eroi. Detto questo: un uomo incredibilmente grande. E che fortuna averlo incontrato. Terribile non
avere intorno, oggi, uno del suo genio".

Oggi abbiamo il digitale, internet, YouTube: tutto un altro mondo.
"Mi devo ricordare di ripulire il mio profilo su Google: in questi giorni scattano le nuove regole della privacy. Ma non è incredibile? Voglio dire: io sono il primo a passare lì sopra tutto il tempo - ma che diritto hanno di conservare i miei dati? Oppure YouTube: ormai tutto è su YouTube. Interviste di cinquant'anni fa, che avresti voluto bruciare, dove sei al peggio di te: Dio mio!".

Le fa paura?
"Guardate Amy Winehouse: così giovane e perseguitata fino alla morte dalla stampa. Senza scampo".

Accusa i media della sua morte.
"Oh yes. Voglio dire: non aveva scampo. Tutta quella attenzione su di sé. Sei lì che vomiti, e c'è subito una bella foto in rete di te che vomiti. Buona fortuna".

Ma non è piuttosto il frutto dell'ideologia del rock maledetto? "Forse sono destinato a morire giovane: in fondo tutti i grandi cantanti di blues sono morti giovani". Lo scriveva Lou Reed: nel 1970.
"L'ho scritto io? Ah sì, dopo la morte di Brian Jones dei Rolling Stones. Ma che dicevo? Non lo ricordo più".

Che viene un momento nella vita di ogni rocker in cui la pressione del pubblico ti costringe a rispondere alle aspettative create dalla maschera.
"Nessuno dovrebbe rispondere alle aspettative di nessuno. E poi: ma quali pressioni? E allora chi lavora in miniera? Respiri tutta quella merda, paga orribile. Altro che aspettative: riempito di botte a morte - come un cane. Mentre i signori di Wall Street vengono salvati dal governo e ti fottono tutto quello che possono. A proposito: dov'è finito il nostro uomo? Barack Obama...".

Deluso?
"Mi piace pensare che si tenga le ali ben strette per ottenere un secondo mandato. Ma avete visto l'opposizione? Rick Santooooorum? Oh my God: that's fantastic. Se fossi uno di quei paranoici direi che Obama ha organizzato il tutto per farsi rieleggere. Però finora dov'è stato? Un giorno dà un discorso davanti alla statua di Martin Luther King: ma Martin Luther King quel giorno sarebbe stato con i ragazzi di Occupy Wall Street. È per quello che l'abbiamo eletto. E invece no: Obama missing in action. Disperso in battaglia".

Quando gli chiedono della rivoluzione anni '60, Ralph Metzer, il professore che con Timothy Leary diede il là alla cultura psichedelica, oggi dice: "Ma quale rivoluzione. Gli anni '60 sono stati solo un pallido assaggio di quello a cui stiamo assistendo adesso".
"Per forza. Oggi è l'intero mondo a bruciare. Guardate in Siria. In Egitto è ancora tutto all'aria. E che succederà con l'Iran? Ha diritto ad avere l'atomica? Ok, saranno dei pazzi fottuti - e probabilmente davvero pensano che sia una bellezza mandare all'aria il mondo intero. Io non lo so: spetta a menti più eccelse della mia. E la Siria? Perché questo tizio non prende e se ne va? Ecco, questi sono tutti i soldi che vuoi, ma prendi la tua bella moglie-trofeo e sparisci. Ma spetta poi a noi continuare a fare i poliziotti del mondo? Lasceremo fare agli israeliani?".

Lei che ne pensa?
"Dice un mio amico che dovremmo prendere Israele e trasferirlo nello Utah: adesso basta, ragazzi, fuori da qui. Insomma: è terribile quello che succede con i palestinesi".

Sta dicendo cose molto discutibili e politicamente scorrette: Israele è un paese sotto minaccia. E poi, scusi, lei non è ebreo?
"Ebreo di origine russo-polacca. Mi considero democratico senza confini".

Ha detto: "Vorrei realizzare nella mia musica il Grande Romanzo Americano".
"Ogni disco è un capitolo".

Molti ambientati a New York.
"Non sono mica Gore Vidal, seduto nella sua bella villa italiana a scrivere dell'Italia".

E com'è cambiata la sua New York dai tempi in cui cominciò?
"Dovremmo andare avanti a parlarne per cinque giorni... Molto gentrificata, tutti giovani professionisti. Gli artisti non possono viverci più. Molto molto molto molto molto molto molto molto più cara. La gente si sposta a Brooklyn e anche Brooklyn è ormai cara".

Lei è nato a Brooklyn: le manca?
"Mi mancano così tante cose".

"Penso che la vita sia troppo breve per concentrarsi sul passato. Io guardo piuttosto al futuro": Lou Reed, 1988. Che cosa vede nel futuro ?
"È vero: non mi interessa rivangare il passato. Preferisco il presente".

Sì, ma il futuro?
"Vivo nel presente: o almeno cerco di. E poi: quale futuro? Per carità: adesso non voglio fare filosofia spiccia. Sono solo un musicista di rock'n'roll".

Forse qualcosa in più.
"Diciamo che ho mandato avanti anche un altro paio di cosette".

Soddisfatto?
"Mai saputo cosa voglia dire".

"Sarebbe divertente avere un bambino da portare in giro": così cantava in New York, 1989. Le manca un figlio?
"Sarebbe davvero divertente: ma non ne ho. Lì mi divertivo a immaginarlo. La parola chiave è: sarebbe".

Solo fantasie.
"Ma chi l'avrebbe detto, per esempio, che uno come me avrebbe dovuto avere un ufficio? Ho fatto di tutto nella mia vita per non finire in un ufficio: poi alla fine hai bisogno di un posto dove portare avanti tutte le tue cose ed eccomi qua. In un ufficio. Naturalmente è in un palazzone di artisti: e non mi ci trovo poi così male".

Una rockstar in ufficio.
"Ma io dormivo sui treni, nelle lobby degli hotel, c'erano le sale dei cinema che restavano aperte tutta la notte: tanti non avevano dove andare a dormire".

"La celebrità esige ogni tipo di eccesso". È l'inizio di Great Jones Street, il romanzo del rock di Don DeLillo. Ed è il 1973: un anno dopo la sua Walk on the Wild Side, la canzone-simbolo di una vita tutta sesso, droga e rock'n'roll.
"La celebrità non richiede un bel niente. E ciò che fai della tua vita e del tuo corpo dipende solo da te. Nessuno ti ha chiesto nulla. E non c'è nessuna clausola da rispettare nel contratto".

Mai sentito schiacciato dalla celebrità?
"Ripeto: la vera pressione la senti in miniera. Avere a che fare con queste stronzate della celebrità non è pressione: è un gioco".

Rimpianti?
"Nessuno".

Niente da recriminare?
"C'è questo bellissimo rotolo giapponese di quattro secoli fa. Mostra uno scheletro seduto nella posizione del fior di loto che cerca di ottenere un buon karma: dopo una vita vissuta pericolosamente. L'ho mostrato a Laurie che me ne ha fatto una copia: bellissima. Ma avete presente? Uno scheletro che cerca la posizione per avere un buon karma: forse un po' troppo tardi, no?".




(da http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura)

giovedì, marzo 01, 2012

I Navajo sul piede di guerra. Nel mirino il brand dei jeans


I nativi americani fanno causa alla Urban Outfitters che vende capi d'abbigliamento con il nome della tribù: "Dobbiamo difendere diritti e tradizioni dalla commercializzazione selvaggia". I pellerossa hanno già vinto due battaglie legali in New Mexico contro la stessa società e un gruppo francese.


FLAGSTAFF - La tribù dei Navajo dissotterra l'ascia di guerra e va all'attacco della Urban Outfitters. I capi della nazione pellerossa hanno avviato una causa nella corte distrettuale del Nuovo Messico chiedendo ai giudici di impedire alla società di abbigliamento e casalinghi di vendere prodotti con il brand "Navajo". "La nostra tradizione ha un valore e legarlo fittiziamente a un oggetto è chiaramente un abuso", hanno spiegato i rappresentanti dei nativi americani.
Non si tratta del primo scontro tra gli orgogliosi guerrieri del West americano e la società. Urban Outfitters aveva inziato a vendere lo scorso anno una linea di biancheria intima e una bottiglia per alcolici contraddistinti dal marchio "Navajo". Scelte ritenute (non a torto) offensive dato che la vendita di liquori è proibita nella riserva della tribù al confine tra Utah, Arizona e New Mexico. L'azienda allora ha riconosciuto l'errore togliendo subito questi prodotti dal suo sito e dai suoi scaffali.

Il brand "Navajo" sostengono però i pellerossa nella loro denuncia, è rimasto su altri articoli in vendita nei suoi negozi e deve essere rimosso immediatamente riconoscendo i danni alla tribù. La nazione dei nativi americano ha da tempo sotterrato l'ascia di guerra limitandosi a difendere i suoi diritti - almeno i pochi che le sono rimasti - in punta di diritto. Con più successo, c'è da dire, rispetto all'epoca in cui combattevano contro il settimo Cavalleggeri: lo scorso anno i Navajos sono riusciti a vincere un altro braccio di ferro con un'azienda francese che si era presentata negli Usa proponendo sui suoi prodotti lo storico nome della tribù pellerossa.


di ETTORE LIVINI


da http://www.repubblica.it/economia

sabato, febbraio 25, 2012

La mia mano non è del colore della tua


La mia mano non è del colore della tua,
ma se mi pungo uscirà sangue e sentirò dolore.
Il sangue è dello stesso colore del tuo,
Dio mi ha fatto e sono un uomo.

...

L'indiano e le altre creature
che erano nate qui e che qui vivevano,
avevano una madre comune: la terra.
Egli era imparentato con tutto ciò che vive
e riconosceva a tutte le creature
gli stessi diritti come a se stesso.
Quanto era legato alla terra,
egli l'amava e l'ammirava.



- Orso in Piedi -

martedì, febbraio 07, 2012

Non ci sono demoni


Non ci sono demoni, gli assassini di milioni di innocenti sono gente come noi, hanno il nostro viso, ci rassomigliano.
Non hanno sangue diverso dal nostro, ma hanno infilato - consapevolmente o no - una strada rischiosa, la strada dell'ossequio e del consenso, che è senza ritorno.



(da "La ricerca delle radici" di Primo Levi)

domenica, febbraio 05, 2012

Bambole


Mentre le ideologie si estinguono
e le coscienze si disperdono
insieme ai muri crollano
le verita' di comodo
i monumenti a cosa servono?
La vera storia non la insegnano
non devo chiedere
devo far da me
la verita' sta dentro a un nylon
dimenticata in qualche oceano
sotto la buccia debole
di 10.000 regole

Ti capisco
quando dici che
rivorresti
le tue bambole...

E mi hanno sempre fatto credere (che)
nell'incertezza e' meglio prendere
ma se io prendo chi e' che da'?
Se io prendo chi e' che da'?
Ne ho visti troppi qui di oracoli
e troppe corti dei miracoli
io non vi posso credere
io non vi voglio credere...

Ti capisco
quando dici che
rivuoi indietro
le tue bambole...

Good times, bad times...
good times... bad times...

Ti capisco
quando dici che
rivorresti
le tue bambole...
Ora ha senso
quando pensi che
rivuoi indietro
le tue bambole...



(dall'Album "Radio Zombie" - 2001 - Negrita)

lunedì, gennaio 23, 2012

Divi del passato nei film di oggi, le fanta-locandine



Pulp Fiction, un film di Franklin J. Schaffner con Harry Belafonte e Kim Novak. Ma anche Trainspotting, un film di Jean-Luc Godard con Anthony Hopkins e Michael Caine e così via. Il grafico e illustratore newyorkese Peter Stults firma una serie di fanta-locandine nelle quali immagina i grandi divi e registi del passato alle prese con i film di oggi.

Copyright Peter Stults




(da http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura)

domenica, gennaio 15, 2012

Il Poeta raccoglie i dolori e sorrisi


Il Poeta raccoglie i dolori e sorrisi
e mette assieme tutti i suoi giorni
in una mano tesa per donare,
in una mano che assolve
perché vede il cuore di Dio.
Ma la città è triste
perché nessuno pensa
che i fiori del Poeta
sbocciano per vivere molto a lungo
per le vie anguste della grazia.




Alda Merini, da "Alla tua salute, amore mio"

martedì, gennaio 03, 2012

La doppia vita del caro estinto




Ti puoi chiamare Vincenzo, Gennaro, Luigi o Ciro. Ma nel momento della dipartita, se sei un napoletano doc, il nome sarà sempre seguito dall'appellativo. Così il 'detto' trionfa sugli annunci funebri attaccati ai muri della città: 'o barbiere, 'o letterista, Ciocchetto, Bisciù... E c'è persino chi ringrazia dall'aldilà.






(da http://espresso.repubblica.it)