martedì, febbraio 16, 2010

Geronimo si racconta



La sua vera intervista fatta a Fort Sill

SPERANZE PER IL FUTURO

"Sono riconoscente al presidente degli Stati Uniti che mi ha permesso di raccontare la mia storia.
Spero che lui e quelli che sono al potere sotto di lui leggano la mia storia e giudichino se il mio popolo è stato trattato in modo giusto.
C'è una questione importante tra gli apache e il governo. Per vent'anni siamo stati tenuti prigionieri di guerra per un trattato concluso tra il generale Miles da parte del governo degli Stati Uniti e me, come rappresentante degli apache. Questo patto non sempre è stato osservato scrupolosamente dal governo, per quanto in questi ultimi tempi il governo si attenga più strettamente alle clausole di quanto avesse fatto finora. Nel trattato con il generale Miles noi acconsentimmo a recarci in un posto fuori dell'Arizona e a impararvi a vivere alla maniera dei bianchi. lo penso che ormai la mia gente sia capace di vivere conformemente alle leggi degli Stati Uniti; ci piacerebbe quindi avere la libertà di ritornare nella terra che è nostra per diritto divino.
Siamo ridotti di numero, e avendo imparato a coltivare il suolo non ci occorrerebbe tutto quel terreno che una volta ci era necessario.
Non chiediamo tutta la terra che l'Onnipotente ci diede al principio, ma che ci siano concessi là terreni sufficienti da coltivare. Quel che non ci occorre, siamo soddisfatti che lo coltivino gli uomini bianchi.
Siamo ora tenuti su territorio comanche e kiowa, che non è confacente alle nostre necessità: queste terre e questo clima si confanno naturalmente agli indiani che abitavano originariamente questo paese, ma qui il nostro popolo sta calando di numero, e continuerà a diminuire se non gli sarà permesso ritornare nella sua terra nativa. Questa è un'inevitabile conseguenza.
A mio parere, nessun dima e nessun terreno sono pari a quelli dell' Arizona. In quei territori che l'Onnipotente ha creato per gli apache, potremmo avere in abbondanza un suolo fertile da coltivare, e una grande quantità di erba, di legname, di minerali. È la mia terra, la mia patria, il suolo dei miei padri, e in questa chiedo ora il permesso di ritornare. Desidero passare là i miei ultimi giorni, e essere sepolto in mezzo a quelle montagne. Se ciò fosse possibile, morirei in pace presentendo che là il mio popolo, portato nelle sue sedi native, crescerebbe di numero invece di diminuire come adesso, e che il nostro nome non si estinguerebbe.
So che il mio popolo, se fosse insediato in quella regione montagnosa che si estende intorno al corso superiore del fiume Gila, vivrebbe in pace e agirebbe conformemente alla volontà del Presidente. Sarebbe prospero e felice coltivando il suolo e imparando la civiltà degli uomini bianchi che ora rispetta. Se soltanto potessi veder succedere questo, credo che dimenticherei tutti i torti che ho ricevuto e che invecchierei e morirei felice e soddisfatto. Ma a questo riguardo noi non possiamo fare niente, dobbiamo aspettare che chi è al potere si decida a agire. Se questo non si può fare mentre sono ancora vivo io, se devo morire in prigionia, spero che ai resti della tribù apache possa essere concesso, quando non ci sarò più, l'unico privilegio che chiedono, quello di ritornare nell' Arizona."

GERONIMO

2 commenti:

Esone ha detto...

Un perfetto esempio di persona colta e civile che affronta le ingiustizie con cuore nobile.

Druido Lòmion Aldaron ha detto...

... e che morì prigioniero... senza neanche poter tornare nella sua amata terra natale...