lunedì, febbraio 22, 2010

Il violinista pazzo


Non fluì dalla strada del nord
né dalla via del sud
la sua musica selvaggia per la prima volta
nel villaggio quel giorno.
Egli apparve all'improvviso nel sentiero,
tutti uscirono ad ascoltarlo,
all'improvviso se ne andò, e invano
sperarono di rivederlo.
La sua strana musica infuse
in ogni cuore un desiderio di libertà.
Non era una melodia,
e neppure una non melodia.
In un luogo molto lontano,
in un luogo assai remoto,
costretti a vivere, essi
sentirono una risposta a questo suono.
Risposta a quel desiderio
che ognuno ha nel proprio seno,
il senso perduto che appartiene
alla ricerca dimenticata.
La sposa felice capì
d'essere malmaritata,
L'appassionato e contento amante
si stancò di amare ancora,
la fanciulla e il ragazzo furono felici
d'aver solo sognato,
i cuori solitari che erano tristi
si sentirono meno soli in qualche luogo.
In ogni anima sbocciava il fiore
che al tatto lascia polvere senza terra,
la prima ora dell'anima gemella,
quella parte che ci completa,
l'ombra che viene a benedire
dalle inespresse profondità lambite
la luminosa inquietudine
migliore del riposo.
Così come venne andò via.
Lo sentirono come un mezzo-essere.
Poi, dolcemente, si confuse
con il silenzio e il ricordo.
Il sonno lasciò di nuovo il loro riso,
morì la loro estatica speranza,
e poco dopo dimenticarono
che era passato.
Tuttavia, quando la tristezza di vivere,
poiché la vita non è voluta,
ritorna nell'ora dei sogni,
col senso della sua freddezza,
improvvisamente ciascuno ricorda –
risplendente come la luna nuova
dove il sogno-vita diventa cenere –
la melodia del violinista pazzo.

(Fernando Pessoa)

martedì, febbraio 16, 2010

Geronimo si racconta



La sua vera intervista fatta a Fort Sill

SPERANZE PER IL FUTURO

"Sono riconoscente al presidente degli Stati Uniti che mi ha permesso di raccontare la mia storia.
Spero che lui e quelli che sono al potere sotto di lui leggano la mia storia e giudichino se il mio popolo è stato trattato in modo giusto.
C'è una questione importante tra gli apache e il governo. Per vent'anni siamo stati tenuti prigionieri di guerra per un trattato concluso tra il generale Miles da parte del governo degli Stati Uniti e me, come rappresentante degli apache. Questo patto non sempre è stato osservato scrupolosamente dal governo, per quanto in questi ultimi tempi il governo si attenga più strettamente alle clausole di quanto avesse fatto finora. Nel trattato con il generale Miles noi acconsentimmo a recarci in un posto fuori dell'Arizona e a impararvi a vivere alla maniera dei bianchi. lo penso che ormai la mia gente sia capace di vivere conformemente alle leggi degli Stati Uniti; ci piacerebbe quindi avere la libertà di ritornare nella terra che è nostra per diritto divino.
Siamo ridotti di numero, e avendo imparato a coltivare il suolo non ci occorrerebbe tutto quel terreno che una volta ci era necessario.
Non chiediamo tutta la terra che l'Onnipotente ci diede al principio, ma che ci siano concessi là terreni sufficienti da coltivare. Quel che non ci occorre, siamo soddisfatti che lo coltivino gli uomini bianchi.
Siamo ora tenuti su territorio comanche e kiowa, che non è confacente alle nostre necessità: queste terre e questo clima si confanno naturalmente agli indiani che abitavano originariamente questo paese, ma qui il nostro popolo sta calando di numero, e continuerà a diminuire se non gli sarà permesso ritornare nella sua terra nativa. Questa è un'inevitabile conseguenza.
A mio parere, nessun dima e nessun terreno sono pari a quelli dell' Arizona. In quei territori che l'Onnipotente ha creato per gli apache, potremmo avere in abbondanza un suolo fertile da coltivare, e una grande quantità di erba, di legname, di minerali. È la mia terra, la mia patria, il suolo dei miei padri, e in questa chiedo ora il permesso di ritornare. Desidero passare là i miei ultimi giorni, e essere sepolto in mezzo a quelle montagne. Se ciò fosse possibile, morirei in pace presentendo che là il mio popolo, portato nelle sue sedi native, crescerebbe di numero invece di diminuire come adesso, e che il nostro nome non si estinguerebbe.
So che il mio popolo, se fosse insediato in quella regione montagnosa che si estende intorno al corso superiore del fiume Gila, vivrebbe in pace e agirebbe conformemente alla volontà del Presidente. Sarebbe prospero e felice coltivando il suolo e imparando la civiltà degli uomini bianchi che ora rispetta. Se soltanto potessi veder succedere questo, credo che dimenticherei tutti i torti che ho ricevuto e che invecchierei e morirei felice e soddisfatto. Ma a questo riguardo noi non possiamo fare niente, dobbiamo aspettare che chi è al potere si decida a agire. Se questo non si può fare mentre sono ancora vivo io, se devo morire in prigionia, spero che ai resti della tribù apache possa essere concesso, quando non ci sarò più, l'unico privilegio che chiedono, quello di ritornare nell' Arizona."

GERONIMO

lunedì, febbraio 08, 2010

Diluente



La vicina del numero quattordici rideva oggi sulla porta
da dove un mese fa è uscito il funerale del figlio piccolo.
Rideva in modo naturale con l’anima nel volto.
D’accordo: è la vita.
Il dolore non dura perchè il dolore non dura.
D’accordo.
Ripeto: d’accordo.
Ma il mio cuore non è d’accordo.
Il mio cuore romantico fa delle sciarade con l’egoismo della vita.
Ecco la lezione, o anima di gente!
Se la madre dimentica il figlio che uscì da lei ed è morto,
chi si prenderà la briga di ricordarsi di me?


Sono solo al mondo, come un mattone rotto...
Posso morire come la rugiada si asciuga...
Per un’arte naturale della natura solare...
Posso morire per volontà dell’oblio,
posso morire come nessuno...
Ma questo duole,
questo è indecente per chi ha un cuore...
Questo...
Sì, questo mi rimane nella strozza come un sandwich alle lacrime...
Gloria? Amore? L’anelito di un’anima umana?
Apoteosi alla rovescia...
Datemi acqua minerale, che voglio dimenticare la Vita!...

(Fernando Pessoa)

mercoledì, febbraio 03, 2010

La tribù dei Lakota straccia i Trattati U.s.a.



«Daremo passaporti e patenti a chi dice no alla vecchia cittadinanza»
Lo strappo dei Sioux: «Non siamo più cittadini Usa»
La tribù dei Lakota straccia i Trattati firmati 150 anni fa con gli Stati Uniti: «Violati»

WASHINGTON - Gli indiani Lakota, una delle tribù Sioux più leggendarie che ha dato alla storia figure come Toro Seduto e Cavallo Pazzo, hanno stracciato i Trattati firmati dai loro antenati con gli Stati Uniti più di 150 anni fa. Lo hanno annunciato ieri alcuni rappresentanti della tribù.

NUOVI PASSAPORTI - «Non siamo più cittadini degli Stati Uniti d'America e tutti coloro che vivono nelle regioni dei cinque Stati su cui si estende il nostro territorio sono liberi di unirsi a noi» ha dichiarato Russel Means, uno dei più famosi attivisti indiani dei diritti umani, in una conferenza stampa a Washington. Il rappresentante dei Sioux ha precisato che passaporti e patenti saranno consegnati a tutti gli abitanti del territorio che rinunceranno alla loro cittadinanza statunitense. Una delegazione di responsabili Lakota ha indicato in un messaggio indirizzato al Dipartimento di Stato che la nazione Sioux si ritira unilateralmente dai Trattati conclusi col governo federale americano, alcuni dei quali vecchi di oltre 150 anni.

«PAROLE SENZA VALORE» - Tali Trattati sono «parole senza valore su carta senza valore» e «sono stati violati a più riprese per privarci della nostra cultura e delle nostre usanze e per rubare la nostra terra», hanno affermato i rappresentanti della tribù. «Abbiamo sottoscritto 33 trattati con gli Stati Uniti che non sono stati rispettati», ha dichiarato Phyllis Young, una militante della causa dei nativi americani che ha contribuito a organizzare nel 1977 la prima conferenza internazionale sui diritti degli indiani.

MISSIONE DIPLOMATICA - Alcuni capi Lakota si sono recati in delegazione presso le ambasciate di Bolivia, Cile, Sudafrica e Venezuela e intendono intraprendere una missione diplomatica in diversi Paesi nel corso dei prossimi mesi, secondo quanto hanno annunciato. Il territorio Lakota si situa nel nordovest degli Stati Uniti e comprende regioni del Nebraska, del Dakota del Sud e del Dakota del Nord, del Montana e del Wyoming. I Lakota sono stati la sola tribù a infliggere una sconfitta all’esercito americano. Una delle loro figure leggendarie, Cavallo Pazzo è passato alla storia per aver sconfitto il generale Custer nella battaglia di Little Bighorn nel 1876 nel Montana.

da Corriere della Sera .it
20 dicembre 2007(ultima modifica: 21 dicembre 2007)